Cuba: in attesa che cessi l’embargo il latte (in polvere) arriva dal Venezuela

   Il quotidiano online Granma, organo ufficiale del Partito Comunista Cubano, ha pubblicato martedì scorso un servizio sulla produzione di latte nella provincia di Camagüey, specializzata nell’allevamento di bovini da latte. Lo scenario descritto sottolinea la cronicità di una crisi globale del sistema produttivo cubano, che registra le recriminazioni degli allevatori per il prezzo corrisposto, “insufficiente a coprire le spese”, e che assiste al calo progressivo della produzione nazionale, dovuto a diversi fattori, non ultime le condizioni climatiche (clima caldo-umido) e il fallimento di un programma statale mai di fatto attuato.

Un programma che avrebbe voluto puntare sulla selezione e il miglioramento genetico e che non ha prodotto neanche in minima parte, negli anni, i risultati prefissati: dal 2010 si registra un ulteriore e costante calo della produzione complessiva di latte, passata dai 586,7 milioni di litri del 2012 ai 571,9 milioni di litri del 2013 (leggi qui), con una resa per capo bassissima e anche quella in discesa: dal 3,7 lt (2012) ai 3,4 lt (2013) al giorno.

Cuba non riesce a coprire quindi più del 50% del fabbisogno della propria popolazione (dichiarato ufficialmente da Raul Castro in uno storico discorso del luglio 2007 in “un bicchiere a testa al giorno”), si dichiara fiduciosa in un cambiamento che tarda ad arrivare e nel frattempo decide di acquistare latte, in polvere, dal Venezuela. Sullo sfondo si vede una situazione assai diffusa in ogni angolo di Cuba e in ogni suo ambito produttivo: chi può si prende il rischio di vendere al mercato nero un po’ di tutto. Anche il latte e i suoi derivati, soprattutto formaggi di produzione domestica, totalmente fuorilegge.

Il futuro è quindi nelle mani dei due governi; la decisione appare presa: uno stabilimento per la produzione di latte in polvere verrà realizzato in terra venezuelana con un cospicuo contributo finanziario di Cuba, che in questo modo conterebbe di reinvestire una parte dei 150-200 milioni di euro/anno impegnati per l’acquisto di latte in polvere sinora condotto con fatica su vari mercati sudamericani.

Negli Anni '80 Fidel Castro amava farsi ritrarre con la vacca cubana dei record, la Ubre Blanca, che si dice abbia prodotto oltre cento litri al giorno

La notizia ha così portato nei giorni scorsi diverse testate giornalistiche a percorrere il tema del latte cubano sotto la gestione castrista: una storia paradigmatica di un fallimento che ha nel bloqueo a Cuba una parziale spiegazione. Nel 1959, con la presa del potere da parte dei castristi, e con una popolazione attorno ai 6,2 milioni di abitanti (oggi oltre gli 11 milioni), i bovini allevati erano 5,2 milioni, con una qualità media ritenuta più che buona.

«Fu allora che il governo iniziò a cercare di produrre», affermò il giornalista scientifico Héctor Maseda, condannato nel 2003 come dissidente a venti anni di reclusione, «attraverso tecniche genetiche, una carne più buona senza influenzare la qualità del latte. I risultati non sono stati soddisfacenti e le mandrie hanno avuto un tasso di declino». Un declino pressoché costante, che il Periodo Special (interruzione degli aiuti sovietici, dal 1990) non poteva che peggiorare, con la fine degli approvvigionamenti di foraggio e di mangimi e le prolungate siccità a cui l’isola andò incontro. A partire da allora il bestiame fu esposto ad un inesorabile declino fisiologico, difficilmente reversibile.

L'apertura del recente articolo di Darien Cavanaugh sul sito web Medium: un ritratto inatteso che ci racconta dell'ossessione di Fidel Castro per il latte - Per leggerlo è sufficiente cliccare sull'ultimo link di questa paginaOggi quindi Cuba apre ufficialmente e razionalmente al latte in polvere, ed è Raul Castro in persona a trattare un affare che ad otto anni dal suo storico proclama di “un bicchiere di latte al giorno” per ciascun cubano, segna il fallimento – l’ennesimo – di un ciclo giunto mestamente al suo capolinea. Un ciclo durato cinquantasei interminabili anni e tempestato di proclami e illusioni, come quella offerta ai cubani attraverso la propaganda sulla Ubre Blanca, la vacca dei record tanto cara a Fidel, che fu in grado di produrre per buona parte della sua esistenza anche cento litri di latte al giorno (leggi qui, in inglese).

A quasi quattro mesi dall’annuncio dato dal presidente Obama (14 dicembre scorso), il Congresso Usa si dimostra poco pronto nel voler ratificare la fine dell’embargo, ed ecco che le prospettive di un cambiamento che il popolo di Cuba ancora vive in sé si infrangono, per l’ennesima volta, nella vacuità del sogno. Il tempo passa, le condizioni cambiano ma i problemi restano: anche l’immagine di Fidel Castro non è più la stessa: il sigaro Cohiba non è ostentato ormai né in pubblico né in privato. Al suo posto, si dice (leggi qui l’articolo a cui si riferisce la foto qui sopra), di tanto in tanto, un cono gelato o un bicchier di latte. Non sarà più quello della Ubre Blanca ma (almeno il suo, per ragioni di sicurezza!) è di sicuro fresco. Fresco di giornata.

30 marzo 2015