Tanto tuonò che piovve, e così è stato che la Food and Drug Administration, dopo una serie di opinabili interventi e di proclami più o meno ufficiali, il suo giro di vite al settore del latte crudo e dei suoi derivati lo ha dato. E lo ha dato con le restrizioni pubblicate nello scorso novembre, che hanno riguardato – tra l'altro – l'abbattimento dei livelli massimi di colibatteri ammessi nei formaggi, portato di sana pianta da 10.000 ad appena 10 Cfu (colony forming units) per grammo.
Superata l'incredulità dei primi giorni, appurato che non si trattava di una svista ma di qualcosa di più serio, la preoccupazione di molti, oltre a quella dei diretti interessati (leggi qui) ha portato a delle ferme prese di posizione – anche e soprattutto di una parte del mondo politico – davanti ad una normativa che sembra spingersi ben oltre la volontà di tutelare i consumatori. E che piuttosto, secondo molti, pare voglia puntare a mettere in difficoltà i piccoli produttori artigianali.
Per i caseifici, ognuno organizzato secondo i propri equilibri tra capacità produttiva e dimensionamento dei locali di stagionatura, si tratta di un colpo basso, esistendo un'unica soluzione per cercare di rientrare nei nuovi parametri: quella di allungare i tempi di stagionatura. Fatto salvo il problema di dover riorganizzare sia l'approccio col mercato che i locali per la maturazione delle forme.
Per fortuna il Wisconsin, che conserva un'anima casearia vibrante e propulsiva, e nella cui economia ricopre parte rilevante la produzione lattiero-casearia, è riuscito ad alzare la testa, e lo ha fatto grazie ad un nutrito gruppo di politici – quindici membri del Congresso e nove senatori – che, sollecitati dai produttori interessati, hanno indirizzato una ferma lettera (qui riprodotta integralmente) all'Fda nella persona del suo vice-commissario per il cibo e la medicina veterinaria, Michael Taylor.
La missiva, che riproduciamo in queste tre immagini, enfatizza la incomprensibile inadeguatezza della nuova misura, in specie se confrontata con le norme sanitarie internazionali. Oltre a manifestare lo sconcerto per un intervento che sembra non avere ragion d'essere, i firmatari della lettera chiedono di conoscere quali motivazioni scientifiche sarebbero alla base della scelta, e "quale rischio correrebbe la salute pubblica, visto che ad oggi non se ne sono viste evidenze".
E ancora: "Quali prove esistono per dimostrare che i formaggi a latte crudo prodotti sotto le attuali pratiche metterebbero a rischio la salute pubblica? La scienza su cui questo standard si basa è stata soggetta a revisioni recenti?" La lettera, che pone molte altre interessanti questioni, si chiude con un invito a valutare tutte le considerazioni esposte e a dare una risposta.
Attorno a questa situazione la mobilitazione è stata ancora una volta assai ampia, come già accaduto per l'assurda restrizione sui ripiani di legno nei locali di stagionatura. Una petizione è stata lanciata su Change.org e le firme raccolte in pochi giorni, anche su altri media, sono già migliaia. Il sistema radiotelevisivo, assieme ai media web stanno dando alla cosa un grande risalto, il che potrebbe infondere un cauto ottimismo circa un passo indietro che l'Fda potrebbe fare, ancora una volta.
14 dicembre 2015