
7 settembre 2009 – Finalmente gli allevamenti europei inquinano di meno. La tendenza, già registrata negli anni scorsi, è stata recentemente confermata dai ricercatori dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che hanno quantificato in un -12% le emissioni di gas serra prodotte negli ultimi dieci anni in Europa.
Una tendenza dovuta tanto al calo dei bovini allevati, quanto all’intervento sull’alimentazione animale. Una significativa marcia indietro del settore mangimistico e della zootecnia industriale, che ha sempre puntato al profitto (e a massimizzare le rese lattee anche intervenendo su ciò che gli animali mangiano) sopra ogni altra cosa, e che ora si vede costretta ad una inevitabile marcia indietro.
I correttivi presi a riguardo puntano alla riduzione del metano, principale responsabile dell’impatto ambientale degli allevamenti, attraverso l’introduzione di diete equilibrate e adattabili alle singole esigenze, grazie alle quali «sarebbe ora possibile», affermano i ricercatori, «raggiungere un abbattimento delle emissioni pari anche al 40%».
Lo studio condotto dall’Ispra ha infatti evidenziato che il 70% del metano prodotto da un allevamento deriva dalla fermentazione enterica degli animali, vale a dire la produzione di gas nel corso della digestione. Questo significa che una razione di cibo preparata ad hoc e basata sulle caratteristiche e lo stato di salute degli animali consente di ridurre la produzione di metano durante il processo digestivo.
Risulta quindi fondamentale conoscere approfonditamente le condizioni di ciascun animale, e quindi monitorale attraverso nuove tecnologie e particolari attrezzature, che attraverso appositi sensori consentono di rilevare le informazioni funzionali di ogni singolo capo – dai calori alle ruminazioni, alla quantità di cibo introdotto nel sistema digestivo, ai tempi di digestione – che aiutano a determinare le condizioni dell’animale e consentono di preparare razioni alimentari ad hoc e di intervenire a livello sanitario sui casi più problematici.
Quello che non dice la ricerca dell’Ispra ma che va precisato è che solo attraverso una reale inversione di tendenza rispetto alle logiche iperproduttive della zootecnia industriale (e quindi dell’industria casearia a cui essa è sottesa) è pensabile allontanare la zootecnia dai vertici della classifica dei comparti produttivi maggiormente inquinanti.