Il più grande produttore lattiero-caseario della Norvegia, la cooperativa Tine di Oslo (15mila conferitori e oltre 5mila dipendenti), ha annunciato, venerdì scorso 27 maggio, la messa a punto di un piano industriale che prevede il trasferimento della produzione dello Jarlsberg – la versione norvegese dell'Emmental – in uno dei tre siti produttivi della Dairygold (3mila conferitori, oltre mille addetti), anch'essa una cooperativa, con sede a Cork, in Irlanda.
La decisione comporterà un investimento rilevante, di cui non è stata rivelata l'entità, ed implicherà un importante riassetto della macchina produttiva dell'azienda, visto che proprio su questo formaggio si basa la gran parte della produzione (90%) del colosso norvegese del latte.
Con questa mossa – strategica per entrambi i produttori – la Tine ha rivelato di aver deciso di investire in Irlanda per incrementare – questa la motivazione addotta – le vendite e il marketing dello Jarlsberg sui mercati internazionali, primo fra tutti quello nordamericano, mercato d'elezione del formaggio norvegese. Sin qui i poco convincenti motivi ufficiali.
Altre ragioni, non accennate dai diretti interessati, lasciano credere che uno dei motivi principali dell'iniziativa vada ricercato nella competitività dimostrata dall'Irlanda nella produzione di latte, che da un anno a questa parte sta aggravando la situazione delle stalle di molti altri Paesi europei. Dalla fine delle quote latte – 1° aprile 2015 – ad oggi l'Irlanda è la nazione che ha maggiormente incrementato i propri livelli produttivi, che attualmente fanno segnare un +34% rispetto ad un anno fa.
Secondo alcuni analisti norvegesi la decisione potrebbe però essere anche la conseguenza dell'eliminazione dei sussidi all'esportazione (prevista entro la fine del 2019) che il governo norvegese ha deciso di introdurre, seppur in maniera graduale. La questione rischia di farsi scottante, in quanto – a dispetto dei messaggi rassicuranti veicolati dalla Tine – molti allevatori norvegesi temono di ritrovarsi di punto in bianco senza più una ragione per tenere in piedi le loro attività.
In tutto questo l'Irlanda fa sapere al mercato – e lo fa con il proprio ministro agricolo, Michael Creed – che «la produzione dello Jarlsberg offrirà al latte irlandese un'altra importante occasione per farsi conoscere sul mercato internazionale» e che «questa partnership strategica è un perfetto esempio del contributo che il settore sta compiendo per la creazione di occupazione nell'economia rurale, e per l'immagine del marchio dell'Irlanda sui mercati internazionali».
Un'immagine che solo pochi mesi fa – era il febbraio scorso – venne messa in cattiva luce dalla morte di sette vacche, tutte di uno stesso socio conferitore, uccise dal piombo presente – venne detto ancor prima dei necessari accertamenti – "nei collari che tradizionalmente utilizza ancora per" – è stato spiegato – "mitigare l'uso delle corna da parte dei bovini". Un'usanza che – pensiamo alla logica del benessere animale – lascia assai perplessi e di fronte alla quale – se fossimo noi a scegliere per il trasferimento della produzione dello Jarlsberg – rifletteremmo, e non poco, prima di prendere una decisione.
30 maggio 2015