L'84esimo raduno della Confrérie des Chevaliers du Taste-Fromage, storica associazione lattiero-casearia di Francia, è stato dedicato ad una sorta di gemellaggio tra operatori francesi del settore e loro colleghi russi. Curiosa iniziativa, che da una parte vede una nazione che la storia del buon formaggio l'ha scritta, dall'altra una che una storia in questo settore non ce l'ha ma che forse intenderebbe averla, a seguito dell'embargo ritorsivo che la Russia ha attuato dal 2014 nei confronti dei prodotti dell'Unione Europea. Il curioso accostamento tra le due realtà è stato sottolineato tanto dalla sede in cui l'incontro è avvenuto, mercoledì scorso 25 maggio (la residenza dell'ambasciatore russo in Francia) quanto per il motivo principale dell'iniziativa: quello di premiare due imprenditori russi che appena un anno fa decisero di tentare l'avventura in campo caseario nella loro terra.
I due personaggi, il giornalista Vladimir Borev e l'ingegner Alexander Nikitin, entrambi grandi amanti dei formaggi francesi, sono stati nominati "Chevalier au sein de cette confrérie" per aver impiantato una produzione di formaggi che in tutto e per tutto riproduce l'arte casearia francese, grazie al trasferimento di know-how ricevuto da Gilles e Nicole Devouge, una coppia di casari francesi molto esperti. Attualmente l'azienda, che ha sede a Maslovka, nella regione russa di Lipetsk, produce dai cinque ai dieci quintali di formaggio al mese, utilizzando latte ovino (trecento capi), caprino e vaccino. Le capre sono trenta e le vacche appena dieci, ma l'impresa, dopo aver mosso bene i suoi primi passi sembrerebbe destinata a crescere. I suoi proprietari, che già impiegano undici collaboratori si son detti intenzionati ad estendere la produzione da otto a venti differenti formaggi. E a portare stabilmente altri abitanti in un villaggio che sino all'anno scorso era spopolato.
Al raduno francese erano presenti tanto i due imprenditori russi quanto i loro "maestri" francesi, che hanno guidato la degustazione dei formaggi di Maslovka ai presenti, tutti veramente e positivamente sorpresi. Un piccolo colpo di scena, durante l'evento, è stato rappresentato dall'annuncio della nascita di un museo dedicato alla produzione lattiero-casearia francese: un significativo omaggio di chi sa quanto queste iniziative debbano essere condotte anche sul piano della politica delle buone relazioni. La Russia ha temporaneamente chiuso le frontiere ai prodotti (la scadenza della misura restrittiva è già slittata dal 5 agosto del 2015 a quello del 2016) ma sta facendo di tutto per non chiudere i rapporti con tutto ciò che potrà portare lustro e notorietà alle proprie capacità imprenditoriali. Di fronte alle quali, e i francesi l'hanno ben capito, c'è da levarsi tanto di cappello.
Con tutti i casari italiani migrati in gran silenzio in Russia nell'ultimo anno e mezzo, ad insegnar di tutto (dai formaggi tipo "grana" alle paste filate stagionate o meno), ci sarebbe da chiederselo: a quando un museo del formaggio italiano in Russia? Forse mai, per il semplice fatto che gli italiani non sono né saranno mai francesi.
30 maggio 2016