A più di un anno della fine del regime delle quote latte, l'Europa conosce la guerra tra i grandi produttori del Nord – che spingono al massimo sull'acceleratore della produzione, nonostante il crollo dei prezzi – e quelli del Sud e dell'Est Europa, che si foraggiano (o dovrebbero foraggiarsi) di latte da allevatori ormai alla canna del gas. Allevatori che da mesi stanno ormai vendendo a prezzi inferiori ai costi di produzione.
La crisi dura da mesi, e l'aggravante dell'embargo russo sulle esportazioni Ue (che sarà rinnovato sino alla fine del 2017) ha aggravato una situazione già grave di per sé. Gli allevatori irlandesi, olandesi, tedeschi e polacchi hanno alzato a dismisura i livelli produttivi (+7% nei primi tre mesi del 2016, nel complesso), causando un decremento del prezzo al produttore: in Italia, secondo recenti stime, il valore del latte alla stalla è letteralmente crollato (-34%), nonostante la chiusura del 20% delle stalle registrata in Europa negli ultimi due anni.
A Bruxelles, un crescente numero di eurodeputati, assieme a gruppi parlamentari degli Stati membri, hanno reiterato le loro richieste auspicando un "sussulto" di europeismo per il salvare il settore. Tra questi, Paolo De Castro, coordinatore per il gruppo S&D alla Commissione agricoltura dell'Europarlamento, sottolinea che «non c'è bisogno di un nuovo sistema di quote, per il latte abbiamo bisogno di più Europa». E così, proprio l'Assemblea europea, all'unisono, ha richiesto alla Commissione Ue di intervenire introducendo strumenti di gestione dell'offerta in grado di calmierare la produzione.
Luc Vernet di "Farm Europe", esperto di Politica Agricola Comunitaria, ha rincarato la dose: «l'Ue e la Commissione devono assumersi il ruolo di "gestori" delle crisi e non lasciare la partita in mano agli Stati membri». La Germania ha appena annunciato un aiuto di 100 milioni con l'aggiunta di vantaggi fiscali e anche altri partner sono corsi ai ripari con azioni su base nazionale: dall'Italia alla Francia, dalla Spagna all'Olanda. «La rinazionalizzazione della Pac», ha detto Vernet, «si è messa in marcia e per evitare la concorrenza sleale tra produttori, i fondi Ue e gli aiuti nazionali dovrebbero andare a chi si impegna a ridurre o a stabilizzare la produzione». Ci vuole un'azione europea, ribadisce De Castro, che esorta a reinvestire quanto incassato grazie alle misure sanzionatorie; «i fondi ci sono», ha sottolineato l'ex ministro dell'agricoltura italiano, «l'Ue ha incassato oltre un miliardo di euro di multe dagli ultimi surplus di produzione».
La palla è ora nelle mani dell'Esecutivo Ue; i prossimi mesi saranno decisivi nonostante le ventitré misure messe in campo da Bruxelles dal settembre scorso per fronteggiare la crisi. Dopo che il commissario all'agricoltura Phil Hogan ha indicato – era il 31 maggio – che probabilmente un piano di sostegno sarà presentato a luglio, una volta appurate le risorse a disposizione del bilancio Ue, ecco approssimarsi la scadenza del 27 giugno, data in cui i ministri agricoli valuteranno i risultati delle misure prese e la possibilità per allevatori e cooperative di limitare la loro produzione. In quell'occasione si capirà anche se gli Stati membri avranno fatto la loro parte: a fine maggio poco più del 50% dei 420 milioni di aiuti messi a disposizione dall'Ue per il latte erano stati versati dalle autorità nazionali agli allevatori. A fine giugno la misura sarò in scadenza.
Nel frattempo l'organizzazione sovranazionale OPL (Organizzazione dei Produttori di Latte) ha richiesto una riduzione del 3% della produzione europea in tempi rapidi, oltre all'istituzione del programma di responsabilità nei confronti del mercato (PRM) portato dalla EMB (Milk Board Europeo). In merito alle decisioni tese alla riduzione della produzione di latte, il presidente della OPL Véronique Le Floc’h, ha dichiarato che «la riduzione nel tempo del numero degli allevatori non è la soluzione da noi auspicata».
Per tornare a vedere aumentare il prezzo del latte, i vertici del Milk Board Europeo ritengono necessaria una riduzione produttiva pari al 3%. La proposta ventilata dall'EMB è quella di incentivare gli allevatori a ridurre la loro produzione di almeno il 5% per un periodo iniziale di sei mesi, offrendo loro in cambio un bonus di 300 euro per tonnellata di latte. Al contrario – ed è sempre la proposta dell'EMB – andrebbe definita una sanzione di importo equivalente da applicare in caso di aumento della produzione.
13 giugno 2016