Il caso Oliver: quando le banalità (casearie) diventano rivelazione

Mentre molti cuochi ed ex cuochi italici si sbizzarriscono – chi peggio, chi meglio – nel rivelare al pubblico le loro personalissime “scoperte” casearie, c’è in Inghilterrra chi invece, facendo leva sulla popolarità del proprio personaggio, si cimenta nel lancio di una personale selezione di formaggi che non sono, si badi bene, né britannici – come si potrebbe supporre, né francesi, come retorica casearia vorrebbe, bensì per lo più italiani .

Ma lo stupore che ci lascia l’iniziativa di Jamie Oliver – questo il nome dello chef – non si ferma al fatto che un noto cuoco anglosassone sia rimasto folgorato nello scoprire i formaggi di casa nostra, bensì che nel farlo la sua attenzione si sia fermata su prodotti talmente conosciuti da risultare quantomeno banali. Come credere che un raffinato conoscitore dei più minimi dettagli del gusto si cimenti in un’operazione come questa senza grattare la crosta delle apparenze e delle ovvietà, e senza andare a caccia delle vere rarità vicine a scomparire, o delle golosità recuperate grazie al ritorno verso le tradizioni locali?

Come pensare che un così noto professionista del settore, celebrato tra i più affermati tra gli esponenti del nuovo corso della cucina britannica, si possa accontentare di prodotti reperibili sugli scaffali di tanti punti vendita, in Italia e nel mondo?

La risposta appare discretamente chiara dal contesto in cui l’operazione di mister Oliver è stata presentata, vale a dire il recente salone International Food and Drink Event di Londra. All’interno di quell’evento, una delle attrazioni che più hanno colpito pubblico e giornalisti di settore, è stata proprio la presentazione della sua gamma di “formaggi continentali”, all’interno della quale spicca – udite udite – la Mozzarella Fior di Latte, il Parmigiano-Reggiano e il Gorgonzola. E poi il Mascarpone, la Ricotta e… la Feta! Più che una rara selezione, nulla che il mondo intero già non conoscesse.

Ma si sa che in questo mercato fatto sempre più di grandi numeri (nonostante la crisi, l’industria continua a spingere sulle quantità, ndr) il commerciale ha più necessità di marketing che d’altro. Soprattutto quando la sostanza non è una più variabile in grado di esprimere tanto di più di quanto ha già offerto.

Per chi non creda ai propri occhi: www.jamieoliver.com/products/cheese

25 marzo 2011