Export formaggi e nuovi mercati: dimentichiamo la Cina

Sarà dura e ci vorrà tempo, ma se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, la Cina, nonostante le sue dimensioni, non diventerà mai un buon mercato per i produttori di formaggio, e in primo luogo per quelli dal gusto deciso e in particolare per gli erborinati. A decretarlo è stata un’impietosa quanto eloquente inchiesta condotta dal social network cinese Weibo, una realtà di dimensioni impressionanti e ben attendibile sulle tendenze del mercato cinese.

Interpellati sui propri gusti alimentari, ben 16mila utenti del “Twitter più grande d’Oriente”, hanno decretato un totale disinteresse se non una repulsione marcata e diffusa per i prodotti lattiero caseari, tanto che al primo posto di questa speciale classifica in chiave negativa – con la bellezza del 42% dei voti – si trovano i “formaggi puzzolenti”, seguiti dalla “carne al sangue” (31%), le “lumache francesi” (20%) e il tacchino (5%).

A dispetto di questo, le importazioni di formaggi in Cina sono aumentate dell’811% nel 2010 rispetto all’anno precedente, rasentando le 18mila tonnellate/anno, ma chi ha intervistato i rivenditori al dettaglio di negozi che abbiano una discreta disponibilità di prodotti lattiero-caseari – per lo più presenti nelle città maggiori e in quelle commerciali – ha potuto scoprire che la gran parte degli acquisti è dovuta ai consumatori stranieri.

Indagini condotte dall’ufficio export dell’ente governativo statunitense Ita (International Trade Administration) hanno però portato a stabilire che il consumo medio di formaggio per abitante in Cina è pari a 10 grammi/anno. Una nullità, soprattutto se confrontata alle medie dei Paesi occidentali (in Italia nel 2010: 23kg pro capite).

I commenti più negativi degli utenti di Weibo sono stati per i più noti “blu” internazionali, dallo Stilton al Roquefort al Cabrales, con qualche marcato disprezzo anche per il Cheddar, che erborinato non è.

9 settembre 2011