Un piccolo nuovo record per la produzione lattiera svizzera, quest’anno: per la prima volta la richiesta di mercato di latte biologico ha surclassato l’offerta e neanche di poco, visto che negli ultimi mesi il deficit registrato alla produzione ha superato i 10mila quintali. A renderlo noto è stata nei giorni scorsi la società Bio Suisse, confermando le voci circolate nelle scorse settimane su alcuni media di settore e rassicurando il mercato circa la capacità dei produttori e della rete distributiva di rimediare nei prossimi mesi al problema.
Il fenomeno, che ormai non ha più le sembianze di un “picco” anomalo di richiesta ma di un vero e proprio cambiamento negli stili alimentari della confederazione, è stato indotto dai mutamenti delle politiche di vendita di una buona parte delle catene commerciali al dettaglio. Si risolve quindi così uno dei problemi degli allevatori svizzeri di vacche da latte in aziende biologiche, che negli anni scorsi erano costretti a svendere parte della produzione.
L’altra faccia della medaglia ci racconta invece che una parte tradizionalmente consistente del settore zootecnico elvetico, quella degli alpigiani, guarda invece pensierosa al futuro che le si prospetta: a quanto asserito dalla società di ricerca Agroscope il costo all’origine del latte delle aziende che praticano ancora la transumanza in alpeggio sta raggiungendo prezzi giudicati eccessivi, per cui chi non abbia consuetudine con la sua trasformazione in formaggi si ritroverà o a cederne a chi caseifichi, o a rivedere le proprie attitudini aziendali, abbandonando magari la pratica dell’alpeggio per radicarsi nel lavoro in azienda anche nella stagione estiva.
I fattori negativi che si sono aggiunti negli ultimi anni ad aggravare la situazione di queste realtà sono gli aumentati costi di mano d’opera e affitto dei terreni e la recrudescenza delle incursioni del lupo, che in Svizzera come in Italia stanno assumendo proporzioni a volte sconfortanti per gli allevatori.
11 novembre 2011