20 aprile 2008– Docente di Scienze Agronomiche, Agrochimiche e delle Produzioni Animali all’Università degli Studi di Catania, Giuseppe Licitra è uno dei massimi esperti del settore in Italia e non solo.
Lo abbiamo incontrato, reduce dall’ennesima trasferta nelle Università statunitensi (stavolta in Florida, a testimoniare sulle produzioni storiche siciliane) per una breve intervista sugli allevamenti al pascolo e il loro legame con i prodotti caseari della sua Terra.
QualeFormaggio: I pascoli spontanei: sono loro i “portatori sani” del gusto nel formaggio? A cosa è arrivato il recente studio del CoRFiLaC sulle essenze foraggere e le proprietà organolettiche dei formaggi?
Licitra: “Attenzione: non tanto sui foraggi ma sui pascoli con essenze foraggere naturali. La grande risorsa che ci dà il collegamento con il territorio sono le essenze foraggere spontanee che sanciscono un fondamentale legame del prodotto con il territorio. La nostra ricerca si è sviluppata mettendo a confronto due gruppi di bovini: il primo (venti capi) nutrito con unifeed, il secondo (venti capi) lasciando che gli animali si nutrissero direttamente da pascoli spontanei presenti nel territorio in modo tale che questa fonte di nutrizione rappresentasse da un trenta ad un settanta per cento del totale della dieta del bovino.
Se rispettiamo la natura (non solo con il biologico, che non sempre è sinonimo di buona produzione e per il quale si dovrebbe sviluppare un discorso a parte), il fatto che l’animale si alimenti in montagna, dove va a pascolare ciò che può, che risultati ci dà? Abbiamo dimostrato che ci sono proprietà salutistiche di una certa importanza: si pensi ai CLA ma anche alla vitamina A, B, D e altri composti che hanno proprietà antiossidanti. Per non citare la miriade di composti molecolari che si trasferiscono nell’animale per poi riversarsi, nel latte ed in misura minore nel formaggio.
Tuttavia anche se la provenienza è ottimale, l’attenzione da porre è su tutto il processo produttivo e di conservazione: se il latte viene sottoposto a stress termici queste proprietà vengono meno.
Quindi la strada da percorrere non è solamente nella scelta del latte crudo ma è necessario capire se tutto il percorso è tradizionale: non si può refrigerare il latte per 2-3 giorni e pensare che mantenga le stesse proprietà del latte crudo iniziale.
Le tecniche di conservazione casearie possono, se ben costruite e realizzate, essere garanzia di tipicità e rappresentare un valore aggiunto anche in termini salutistici. I sistemi di trasformazione e stagionatura tradizionali, se rispettati, garantiscono anche gli aspetti igienico sanitari del prodotto “food safety”. Anche in Africa in condizioni igieniche “disperate” le donne che trasformano il latte hanno realizzato dei processi che garantiscono la sicurezza igienica del prodotto. Una tecnica per tutte. Asciugano al sole (sul tetto della capanna) il formaggio che in 3-4 giorni perde oltre l’80% di umidità, diventando molto secco ed ostile a qualsiasi forma di sviluppo microbico. Quando poi decidono di mangiarlo lo reidratano.
QualeFormaggio: Torniamo alla ricerca: quando è partita? La sua durata?
Licitra: I risultati di oggi provengono dai nostri studi partiti nel 1999-2000 e ripetuti per tre anni. Durante questo periodo abbiamo seguito il bestiame scrupolosamente, verificando direttamente quali essenze foraggere scegliere nei pascoli, e notando per esempio che gli stessi cambiano di anno in anno. Se pensiamo al fatto che un animale sceglie di volta in volta che piante mangiare, il risultato è che, soprattutto quando si parla di pascoli liberi, non si può mai ottenere lo stesso prodotto tutti i giorni, tutti gli anni. In un’economia di omologazione del prodotto, le differenze dello stesso formaggio, diventano, nel caso delle produzioni tradizionali, un valore aggiunto.
Abbiamo verificato l’evolversi delle proprietà aromatiche a diversi livelli di stagionatura del formaggio Ragusano a 4 e 7 mesi di maturazione.
Dieci composti unici, tra cui aldeidi, esteri, composti sulfurici, terpenoidi erano mancanti [nel latte degli animali nutriti con unifeed].
QualeFormaggio: Quali i formaggi sono stati presi in considerazione, e da quali territori?
Licitra: Il Ragusano. Altri studi hanno coinvolto il Pecorino Siciliano. Il territorio preso in esame è quello ibleo, del ragusano e, nel caso del Piacentinu Ennese, la provincia di Enna.
QualeFormaggio: E per il Pecorino?
Licitra: Il Pecorino è una Dop che si fa in tutta la Sicilia, tuttavia la ricerca ha dimostrato che il territorio, come nel caso del vino, può fare la differenza. Probabilmente saremo in grado in futuro di delineare delle vere e proprie zone specifiche attraverso le quali fare dei “cru” caseari. Per fare ciò utilizziamo delle tecnologie (ad esempio lo “Smart Nose ”) in grado di stabilire le componenti principali che accomunano determinati formaggi.
QualeFormaggio: Avete proceduto a discriminare le razze?
Licitra: Credo che le razze abbiano il loro peso, purtroppo le autoctone sono sempre di più in pericolo di estinzione, oltre a scontrarsi con difficoltà economiche e produttive.
Devo dire però che anche la Frisona se alimentata con i parametri tradizionali sopra citati, è in grado di trasferire ugualmente le caratteristiche al formaggio. Nel Ragusano troviamo circa un 30% di latte proveniente da Modicana, e il restante di Bruna Alpina e Frisona.
QualeFormaggio: La ricerca mette in luce quindi che la differenza con la produzione industriale non è solo a livello di proprietà organolettiche, ma anche salutistiche. È corretto?
Licitra: Certo. Se è più alto il contenuto di CLA nelle diete di animali liberi al pascolo, lo ritroviamo nel formaggio.
QualeFormaggio: Come si può descrivere l’alimentazione delle razze in loco? Quanto fieno viene importato?
Licitra: Come in altre zone d’Italia, ci sono anche allevamenti intensivi privi di pascolo. Ma se si sceglie di produrre formaggi con denominazione d’origine, il legame con il territorio è condizione indispensabile. L’utilizzazione delle essenze foraggere spontanee del territorio di produzione, devono far parte della dieta degli animali, almeno per il 30-40% della sostanza secca ingerita. I foraggi conservati, soprattutto il fieno, è auspicabile che provenga anch’esso da foraggi autoctoni, se importato “pazienza”, così come avviene per i mangimi concentrati. Ma guai a prescindere dal pascolo.