Ancora una volta, ci risiamo, e ogni anno sembra che le cose vadano peggio: l'uomo non sa più vivere la montagna. Quantomeno l'uomo urbanizzato. Ce lo confermano i non pochi episodi che hanno portato nel corso dell'estate a veri e ripetuti conflitti tra chi la montagna la vive e ci lavora e chi la vede unicamente come una valvola di sfogo temporaneo. Oltre che un luogo in cui si ha il diritto di fare ciò che si vuole, per il solo fatto di aver calzato delle scarpe da trekking o dell'aver inforcato una mountain bike.
E allora succede che chi spesso si sente superiore al "villico alpeggiatore" – chissà, forse per avere una laurea o un diploma in tasca? – quando ha l'occasione di incontrarlo, o di incontrare i suoi animali, si sente padrone di fare ciò che vuole; padrone e non ospite a casa altrui. E così è capitato ancora, e più che nel corso delle passate stagioni d'alpeggio, che cani quasi mai tenuti al guinzaglio, come si dovrebbe, siano entrati in rotta di collisione con cani da guardiania, o che escursionisti siano stati caricati da tori e vacche.
In particolare il fenomeno delle aggressioni di uomini e donne (donne soprattutto: chissà per quale ragione?, ndr) da parte di capi bovini pare aver subito un'impennata nelle statistiche dei "guai" più diffusi tra i nostri simili che salgono i monti in cerca di refrigerio, aria pura e panorami. Ne danno notizia vari quotidiani locali, italiani e non, riportando bollettini che sembrano provenire da un fronte di guerra, tant'è che in Alto Adige il mese scorso c'è scappato persino il morto. In Tirolo (Austria) ad esempio, dopo che a metà agosto è stato registrato il terzo caso in poco più di un mese (un uomo di quasi 80 anni, giunto in gravi condizioni all'ospedale di Innsbruck per essere stato caricato da un'intera mandria di venti capi) la tv pubblica Orf ha tentato di dare alcune sommarie "istruzioni per l'uso", ritenendo forse – chissà! – che quelle già offerte dal sistema scolastico non siano evidentemente sufficienti.
"Secondo un testimone", hanno sottolineato i cronisti della Orf, l'anziano stava camminando per la sua strada quando "le vacche hanno preso a correre contro di lui facendolo cadere e calpestandolo" ma soprattutto provocandogli gravi ferite al petto e ad un braccio. A inizio agosto, sempre in Tirolo, una donna, durante una passeggiata con la propria famiglia aveva avuto la cattiva idea di entrare in un recinto ed era stata attaccata da una mucca, riportando ferite leggere, ma il caso più grave è capitato ad una turista tedesca di 45 anni, alla fine luglio. La donna, che teneva al guinzaglio il proprio cane era stata caricata da una vacca (che pare fosse sul pascolo con il proprio vitello), e scaraventata a terra violentemente. Per lei nulla da fare: il violento trauma cranico aveva reso vani i tentativi di rianimazione.
Interessante – anche se un po' tardiva – l'iniziativa della Camera di Commercio del Tirolo, di diffondere tra i turisti un volantino intitolato "Un pascolo alpino non è uno zoo!", con cui tra le raccomandazioni offerte si ricorda che le vacche vanno trattate con riguardo e non provocate, soprattutto se circondate dai loro piccoli, che non si debbono abbandonare i sentieri, che si deve mantenere una distanza di sicurezza, evitando tra le altre cose schiamazzi e comportamenti bruschi.
Oltre i casi occorsi in Austria, si sono registrati episodi in Svizzera e sulle nostre Alpi, anche a carico di allevatori: evidentemente non sempre è sufficiente avere confidenza con i bovini, e forse già il fatto di spostarli all'aperto, dopo mesi di permanenza in stalla, crea loro di per sé una situazione di stress che, aggiunta all'istinto di protezione verso i cuccioli, alla stazza stessa degli animali e alle loro corna, dovrebbe guidare gli esseri umani tutti ad una maggior cautela.
15 settembre 2014