10 dicembre 2008 – La battaglia per salvare il Bitto storico (che a differenza di quello Dop si produce oggi come un tempo senza mangimi e fermenti lattici industriali) è sbarcata sul web con una petizione popolare che in meno di un mese ha già raccolto più di 800 firme (la metà in Lombardia, le altre da ogni regione d’Italia e dalla Svizzera). Servono ora altre 1200 firme per sostenere questi produttori nel loro innegabile diritto di fare il più grande
formaggio alpino come lo si è sempre fatto (si caseifica da latte appena munto solo sugli alpeggi di un’area che prima che nascesse la Dop era limitata alle due piccole vallate d’origine – la Val Gerola e la Valle di Albaredo per San Marco – e a poche altre propaggini in Val Brembana), di chiamarlo col suo nome (questo diritto gli è stato di fatto espropriato dal Consorzio della Dop, attraverso inaccettabili modifiche al disciplinare), e a lanciare un chiaro segnale a chi (il consorzio stesso, e con esso le grandi latterie, i mega-allevatori, le industrie mangimistiche, etc.) giorno dopo giorno, centimetro dopo centimetro, si è voluto appropriare di una Denominazione di Origine Protetta stravolgendone metodologie zootecniche (se i metodi intensivi di allevamento impongono alle vacche di alimentarsi a mangimi, che se ne restino in stalla e a far Casera tutto l’anno, ndr) e casearie (ammesso e non concesso che i mangimi non incidano più di tanto sul gusto del pascolo, i fermenti industriali utilizzati appiattiscono il gusto, livellano le differenze, cancellano la biodiversità).
L’encomiabile iniziativa della petizione per sostenere i produttori del Bitto “storico” è stata lanciata attraverso il sito Probittostorico.com dal professor Michele Corti, docente di Sistemi Zootecnici all’Università degli Studi di Milano e promotore di innumerevoli attività a favore delle vere produzioni rurali (ultima delle quali la nascita di Amamont, l’associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna), nonché collaboratore della nostra casa editrice da un lustro (dapprima col nostro bimestrale cartaceo Cheese Time , di cui questo sito raccoglie l’eredità).
«Alle tante adesioni di cittadini lombardi», ci informa il professor Corti, «se ne sono aggiunte una gran quantità da tutte le regioni italiane, e dalla Svizzera. Questo ci offre lo stimolo per rilanciare l’iniziativa in ambito internazionale, con un appello in lingua inglese». «Il caso del Bitto», prosegue Corti: «consente di capire che le normative sulle Dop, pensate per proteggere le grandi produzioni da imitazioni spesso grossolane (Parmigiano-Reggiano vs. Parmesan),