Dopo aver conquistato a più riprese le pagine di un’infinità di giornali – italiani e stranieri – la cosiddetta “guerra delle mozzarelle” – che vede contrapposte la pugliese di Gioia del Colle, da latte vaccino, recentemente assurta nel novero delle Dop, e la “storica” di Bufala Campana – è tornata a riaccendersi con le ultime mosse del consorzio di tutela di Caserta, che oltre ad annunciare il ricorso al Tar contro il via libera del MiPAAF alla nuova Mozzarella Dop di Gioia del Colle, ha intrapreso diverse iniziative di carattere mediatico, caratterizzate dall’evidente obiettivo di mantenere vivo e duraturo il rapporto con la propria clientela.
Sul fronte legale il presidente del consorzio è stato chiaro: «È una decisione che non possiamo accettare, a tutela dei consumatori, del prodotto e della nostra storia», ha affermato Raimondo, aggiungendo che «la partita non è affatto chiusa» e che «andremo fino in fondo e utilizzeremo ogni mezzo a disposizione per evitare quello che è a nostro avviso un clamoroso autogol dell’Italia, che né i mercati né i consumatori capirebbero».
Un’azione legale quindi giocata in campo italiano ma non solo, già che il numero uno dell’ente campano ha anche affermato che «il ricorso alla magistratura è il prossimo passo, ma anche a livello comunitario siamo pronti a far sentire la nostra voce, visto che l’ultima parola spetta proprio all’Unione Europea».
Le azioni mediatiche della bufala
Oltre ai legali, il consorzio ha quindi attivato i propri comunicatori, che hanno attivato in tempi record azioni eclatanti (e costose, ndr) con partner del rilievo come l’Enciclopedia Treccani (nell’iniziativa “Treccani Gusto”, come a dire “la mozzarella siamo noi”, ndr) e acquisendo spazi pubbli-redazionali su testate nazionali della levatura del settimanale Oggi (nella vetrina promozionale “Pagine utili”), in cui ad essere coinvolti come testimonial sono due tra i più amati dagli italiani: Simona Autieri e Gianni Morandi.
Operazioni sicuramente onerose e “fuori budget”, oltre le quali è lecito intravedere la forte preoccupazione che una rilevante parte del mercato possa spostarsi da una mozzarella all’altra, come se non bastasse la differente natura dei latti e le diversità tattili e organolettiche a mantenere evidenti i distinguo.
La forza del disciplinare pugliese
Dal canto suo il neonato consorzio pugliese, che ha a disposizione budget certamente non all’altezza di quelli del suo rivale, avrà a disposizione la forza degli argomenti contenuti nel proprio disciplinare, e la forza di una specie animale – quella bovina – che a differenza della bufalina può tornare ad essere condotta al pascolo senza eccessive problematiche (le bufale sono allevate in stalla, in regimi di stabulazione più o meno libera, in quanto eccessivamente impegnative in una eventuale gestione estensiva).
Scorrendo le norme che regolano la produzione della Dop di Gioia del Colle si evidenziano chiari dei vincoli qualitativi che raramente si incontrano nelle denominazioni del nostro Paese: dal pascolamento obbligatorio per 150 giorni all’anno (la qualità è nell’erba, lo sappiamo, ndr) all’origine delle altre fonti di alimentazione, che per il 60% almeno debbono essere locali, all’obbligo di produrre attraverso la tecnica del sieroinnesto, escludendo quindi fermenti lattici selezionati e acido citrico, che altrove (un po’ ovunque nelle grandi Dop) tendono a standardizzare il gusto. Inoltre, una lavorazione del latte che deve avvenire entro le 36 ore dalla mungitura, aspetto che a noi sembra stridere – e non poco – con la congelazione del latte che il mondo della mozzarella di bufala richiede ormai da anni, se non altro per la parte della produzione destinata ai Paesi più lontani e non raggiungibili in tempi brevi (un giorno di viaggio incide enormemente in un prodotto con shelfilife assai ridotta).
Il nome conterà poco
Vada come vada, che il prodotto pugliese sia obbligato a cambiar nome (in origine era stata ipotizzata la denominazione “Treccia della Murgia e dei Trulli”, poi modificata in “Mozzarella di Gioia del Colle” su proposta ministeriale, ndr) o meno, la querelle mediatica sta portando un’elevata visibilità alla piccola realtà pugliese, evidenziando peculiarità qualitative assai rilevanti, che da sole e al di là di ogni polemica meritano di elevare il prodotto tra gli alimenti da preferire più per ragioni salutistiche che per le proprie peculiarità organolettiche, peraltro ottime. C’è poco da fare: al palato un latticino vaccino non sarà mai confrontabile con uno bufalino (e viceversa), ma se sul piatto della bilancia si metterà il suo peso in termini nutraceutici, il confronto tra i due non sarà neanche proponibile, quantomeno alla parte più consapevole dei consumatori.
Ai lettori più attenti si prospetta l’inizio di una vicenda che, se si trascureranno i fatturati, potrebbe proporre se non proprio la vittoria di una guerra almeno qualche battaglia in cui Davide torni ad averla vinta sul colosso Golia.
15 gennaio 2018
Le foto di questa pagina sono tratte dalla trasmissione televisiva “Il Graffio” di Telenorba dedicata alla querelle delle mozzarelle Dop