Inalpi e il latte alpino di pianura: la denuncia dell’avvocato Dongo non trova spazio sui media italiani

L’allusione al latte ”alpino” nell’evoluzione del logo-marchio di In.Al.Pi. È verosimile che la penultima versione sia stata preparata in previsione dell’inserimento dell’icona della montagna

Nato come acronimo di INdustria ALimentare PIemontese, il nome, il logo e il marchio Inalpi avrebbero intrapreso nel tempo un cammino verso una pratica persuasiva scorretta e fuorviante (In-Alpi?), lesiva dei fondamentali diritti dei consumatori. È quanto si “potrebbe” intuire nel progressivo modificarsi del logo-marchio dell’azienda di Moretta (vedi foto più in basso e link in calce all’articolo), ma anche e soprattutto ciò che viene sostenuto, e che sinora non è stato smentito, da uno dei fondatori del quotidiano online “Il Fatto Alimentare”, l’avvocato Dario Dongo, attraverso il sito web Great Italian Food Trade.

Il legale, esperto in diritto alimentare internazionale, è autore dell’articolo “Latte alpino falso”, che giovedì scorso, 1° febbraio, ha denunciato – unico in uno scenario editoriale caratterizzato dal colpevole silenzio – la mendacità della recente campagna promozionale dell’azienda, che “declama come latte alpino quello che proviene anche da pianure e giungle di città”.

L’allusione al latte ”alpino” nell’evoluzione del logo-marchio di In.Al.Pi. È verosimile che la penultima versione sia stata preparata in previsione dell’inserimento dell’icona della montagnaL’azienda cuneese, “già nota alle cronache”, spiega Dongo, “per frode ai danni dello Stato e dell’Unione Europea, ha basato la propria campagna di marketing sul valore dell’origine della materia prima. Solo “latte alpino”, “latte alpino piemontese”, nei vari prodotti lattiero-caseari a marchio Inalpi”? Nulla di più falso, secondo il legale genovese. E allora, come la mettiamo con tutte le pubblicità ancora circolanti, a cominciare dal sito web dell’azienda, per continuare con i packaging dei prodotti stessi, ancora “miracolosamente” in circolazione?

“La comunicazione” dell’azienda, afferma Dongo, “è efficace, vincente. Ma gli occhi esperti dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) intravedono un’anomalia”.

La homepage del sito In.Al.Pi riprodotta in queste ore, parla finalmente di ”spazio alpino” e non più di ”Alpi”. Basterà per non confondere il consumatore?

La homepage del sito In.Al.Pi riprodotta in queste ore, parla finalmente di ”spazio alpino” e non più di ”Alpi”. Basterà per non confondere il consumatore?“Le etichette e pubblcità di Inalpi – nel vantare la provenienza del latte dalle Alpi”, continua l’esperto nel suo illuminante articolo, “richiamano una decisione Ce che con le montagne ha ben poco a che fare”, la 2014/3898/Ce sullo Spazio Alpino Europeo, un programma-quadro riferito ad un’amplissima area includente anche territori di collina e pianura, grazie a cui l’azienda avrebbe attinto cospicui fondi, in maniera illecita. E a cui si sarebbe ispirata per allusioni pubblicitarie largamente incongrue rispetto alla natura dei prodotti realizzati e immessi in commercio.

Se da un canto rimandiamo i nostri lettori all’approfondimento del tema sull’articolo in questione, nella speranza che – come sostiene Dongo – “il Ministero dello Sviluppo Economico è categorico, la Repressione Frodi deve intervenire”, da un altro ci duole verificare il colpevole silenzio della stampa italiana: quella del legale ligure appare sinora l’unica voce fuori dal coro, come se le altre testate fossero distratte da altro o magari – chissà! – propense a non “disturbare” un’azienda che – multa più multa meno – ancora potrebbe riversare nelle casse delle case editrici congrui investimenti per campagne pubblicitarie. Quanto legittime e veritiere esse potrebbero essere, pare un aspetto di poca rilevanza per chi fa informazione nel nostro Paese.

Tra di esse si evidenza il caso di una nota testata online cuneese che, appena pochi giorni orsono – il 25 gennaio – ha dato ampio risalto alle dichiarazioni del presidente Inalpi, Ambrogio Invernizzi, a margine della cronaca sulla presentazione italiana della pubblicazione “Osservatorio Deloitte per il settore agroalimentare”: «La salvaguardia e la valorizzazione del latte alpino piemontese», sono le parole testuai di Ambrogio Invernizzi, «che vuole anche dire valorizzazione di un territorio e delle sue tradizioni, passa anche attraverso l’acquisizione di un caseificio posto nella vallata della Bisalta a 600 metri d’altezza. Le dimensioni della nostra azienda oggi sono relativamente piccole ed abbiamo la convinzione che dobbiamo creare sinergie con le realtà che costituiscono una nicchia di mercato. Non possiamo e non dobbiamo pensare in termini quantitativi ma in termini di qualità e di continuità di produzione, questo è il modo per promuovere e valorizzare l’eccellenza».

Affermazioni sul cui valore ogni commento appare assolutamente superfluo. Ancora una volta rivolgiamo ai consumatori che ci seguono un sentito augurio affinché si possano districare al meglio in una giungla – alias mercato – in cui tutti parlano di qualità ma davvero in pochi operano correttamente. Tanto nella produzione di alimenti quanto in quella di notizie.

5 febbraio 2018

Clicca qui per leggere il racconto del restiling del logo Inalpi del maggio 2017, che ha portato l’azienda a comunicare il suo produrre con latte ”alpino’