
A volte sembra che il mercato sia fatto di due tipologie di aziende: quelle che fanno, producono, si impegnano, spesso con fatica e in mezzo a mille difficoltà, e quelle che a volte sembrano impegnate a raccontare il loro fare, e a promuoverlo, più che a farlo. E a raccontarlo più con l’arte della persuasione che con quella del racconto fedele.
Un conto sono le gestioni pubblicitarie dei colossi del settore, chi più chi meno avvezzi a gestire il marketing e la comunicazione affidandoli magari a società specializzate in questo, e un altro conto è costruire una campagna “fai da te”, fatta di iniziative “spot”, ora con lo pseudo-guru di turno, ora acquistando spazi sulla stampa locale, facendo confezionare a quella articoli a pagamento in cui la dicitura “informazione pubblicitaria” non sia troppo evidente.

Tutto si può fare, è ovvio, pur che si rimanga nel solco del racconto attendibile, in cui magari ci si limiterà a nascondere qualche aspetto non esemplare, omettendolo. E un altro paio di maniche è caricare il racconto di qualche fantasia, o di “verità di comodo” (chiamatele come meglio credete, ma son la stessa cosa, ndr).
L’Ftb Branzi non somiglia affatto al Bitto Storico (oggi Storico Ribelle)
Non veritiera è ad esempio – e ci ha colpiti molto la scorsa settimana, leggendola – l’affermazione secondo cui il Branzi FTB avrebbe delle “caratteristiche simili al Bitto Storico”, come affermato nell’articolo pubbli-redazionale (così si chiamano gli articoli a pagamento, che per onestà dovrebbero avere la dicitura “informazione pubblicitaria” ben evidente, vicina al titolo, ndr) intitolato “Orobie: una terra di Principi del Gusto fotogallery”.
L’articolo, firmato dalla Latteria di Branzi, che ne è la committente, insiste nell’accostamento al Bitto Storico (oggi Storico Ribelle, ndr) raccontando di aver “condiviso per secoli area di produzione e soprattutto di vendita, ovvero la storica fiera di San Matteo, a Branzi, di fine settembre”, affermazione veritiera questa, ma che non ha un valore rilevante, già che un formaggio oggi (lo Storico) viene fatto ancora come un tempo, mentre l’altro, e tutti gli altri che in quel mercato anticamente convergevano, vengono prodotti oggi in maniera diversa da allora.
Ma eccole le differenze tra i due prodotti, di fronte a cui anche un profano può capire che di due formaggi totalmente diversi si tratta:
Storico Ribelle (già Bitto Storico) – prodotto solo in estate, da vacche e capre alimentate in alpeggio unicamente ad erba, con il metodo del pascolo turnato. Il disciplinare di produzione esclude l’uso di integrazioni alimentari, di mangimi, di fermenti industriali e impone l’obbligo del latte di capra di razza Orobica. Per realizzarlo ogni caricatore d’alpe utilizza il solo latte della sua mandria
FTB Branzi – classico formaggio di latteria, prodotto anche in inverno, da latti di vacca di più produttori, non da alimentazione ad erba (a fieno semmai, ma non solo), senza aggiunta di latte di capra.
Due universi caseari totalmente diversi, quindi, che il mercato paga prezzi enormemente diversi: centinaia di euro al chilo per il primo; 14 euro al chilo (lo abbiamo visto di recente in Esselunga) per il secondo.
Un peccato dover registrare un tale atteggiamento da parte della Latteria, che a nostro avviso è azienda seria e produce, ritira e stagiona come pochi altri in alta Val Brembana. E peccato che si tratti della seconda “scivolata” in poche settimane, dopo che il suo direttore commerciale era apparso, nel mese di febbraio, in un video di Striscia la Notizia (su Canale 5) apparendo come semplice casaro, laddove i suoi compiti sono sempre più protesi verso ruoli manageriali, strategici e di comunicazione.
Il proverbio dice che le bugie hanno le gambe corte. Noi ci chiediamo: perché mistificare il racconto, se si produce bene?
12 marzo 2018