Commissariato l’Ifcq: ora si diano risposte sul Fiore Sardo industriale

Come fa l’industria sarda a produrre il Fiore Sardo visto che il disciplinare prevede la lavorazione a caldo e per raccogliere i latti e portarli al caseificio serve un camion con serbatoio refrigerato? – foto Bruno Acciai snc© di Orani

È vero, forse, che in Italia i controlli in campo agroalimentare vengono effettuati regolarmente, come ci hanno sempre raccontato all’indomani delle maggiori frodi ed emergenze alimentari. Per nulla facile è sapere però come vengano condotti, perché – se da un canto Nas, Fiamme Gialle e Forestali hanno la nomea di fare il loro dovere senza troppo concedere agli indagati – dall’altro gli enti di controllo – almeno alcuni di essi – pare che facciano ciò che più piace loro, forse per compiacere alcuni controllati, o forse – chissà! – per qualche interesse privato.

Enti di controllo che non sempre controllano, quindi, come raccontano le cronache che in questi giorni hanno travolto l’Ifcq (“Anomalie nelle certificazioni: sospese le società che controllano i marchi di agnelli, pecorino e fiore sardo”, titolava giorni fa il sito di YouTG). Enti i cui ispettori a volte chiudono un occhio, o anche due, e che altre volte arrivano a trascurare del tutto i dettami dei disciplinari, più in generale “dimenticando” di dover svolgere l’incarico affidatogli, per il quale – com’è naturale che sia – vengono regolarmente retribuiti.

Considerazioni che, per quanto oggi riferite solo ad alcune componenti del sistema di controllo (l’Ifcq è uno dei tanti enti incaricati dal ministero), lanciano inquietanti ombre sui diritti dei consumatori e ci spingono a rilanciare alcune gravi perplessità da noi già espresse. Come quelle sul Fiore Sardo “industriale” (leggi qui e qui), ad esempio, che a rigor di logica non potrebbe essere prodotto dalle industrie, per il semplice fatto che quel formaggio andrebbe caseificato a caldo (lo chiede il disciplinare di produzione) con latte crudo appena munto (non raffreddato), sul luogo stesso della mungitura.

I fatti di cronaca
Considerazioni amare, quindi, molto amare, quelle innescate dalla notizia, divulgata lunedì scorso 16 aprile dal sito web “Il Fatto Alimentare” attraverso l’articolo Prosciutto Parma e San Daniele: irregolarità nei controlli. Il ministero decide commissariamento degli Istituti di certificazione (con più esattezza si tratta di un provvedimento di sospensione – di sei mesi – che ha investito i certificatori di molti salumi e formaggi Dop, tra cui anche il Fiore Sardo, per l’appunto).

Una questione assai grave, quindi, che porta a frutto i primi risultati dell’inchiesta avviata nei mesi scorsi dalla Procura di Torino sulla non conformità di numerosi maiali al disciplinare del Prosciutto di Parma e del San Daniele. In particolare, alcuni allevatori del Nord Italia avrebbero utilizzato suini di razza Duroc danese, più redditizia rispetto alla Duroc italiana, per inseminare interi allevamenti, in violazione alle stringenti disposizioni indicate dai disciplinari di produzione.

Il caso del Fiore Sardo visto da un sardo
«Il blitz dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari che ha sospeso per sei mesi le autorizzazioni alle società di certificazione del Pecorino Romano, del Fiore Sardo e dell’Agnello Sardo», ha dichiarato l’ex deputato e leader di Unidos, Mauro Pili, propone «una decisione gravissima, soprattutto perché mette in rilievo quanto da me già denunciato dieci giorni fa relativamente a controlli inadeguati alla tutela dei prodotti sardi».

«In particolare», ha sottolineato Pili, «avevo segnalato al ministero incongruenze e mancati controlli sulla filiera produttiva del Fiore Sardo. Questa sospensione mette a nudo i limiti dei controlli e impone un cambio di rotta immediata». «Non possono essere società esterne», ha concluso Pili, «a verificare le produzioni. Servono organismi terzi nella veste di pubblici ufficiali e va rivista da cima a fondo la filiera della certificazione: è impensabile che i prodotti di qualità della Sardegna debbano essere certificati da società con sede in Friuli».

Due brevi considerazioni tutt’altro che marginali
In tutta questa vicenda pesa ancora una volta l’assordante silenzio dei media nazionali italiani. Mentre all’estero la notizia sta conquistando i titoli di diversi siti web, in Italia a parlarne sono state sinora solo due testate consumeriste e alcuni dei quotidiani locali (emiliani, friulani e sardi) investiti del problema per questioni territoriali. Alcuni di essi ventìlano una soluzione all’italiana per risolvere il caso dei verri Duroc danesi: vale a dire che il Ministero dell’agricoltura decida, nei sei mesi di sospensione dei responsabili dell’Ifcq, di modificare i disciplinari di produzione del Prosciutto di Parma e del Prosciutto San Daniele; un’ipotesi non inverosimile, che tirerebbe la volata alla creazione di un “Fiore Sardo” pastorizzato, che di fronte alle origini pastorali del “Fiore” dei cuìli (ovili) griderebbe in eterno vendetta.

23 aprile 2018