Grana Padano e lisozima: il consorzio precisa (e noi rispondiamo)

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, una lettera di precisazione del presidente del Consorzio di Tutela del Grana Padano, Cesare Baldrighi (la replica del nostro direttore è in calce all’articolo):

Egregio Direttore,
con riferimento a quanto contenuto nell’articolo intitolato “Grana e lisozima: gli animi si scaldano, fioccano le denunce”, pubblicato il 14 gennaio su Qualeformaggio, ci corre l’obbligo di precisare quanto segue.

La vicenda relativa al dibattito sul lisozima non ha mai dato adito a richieste di risarcimento danni da parte del Consorzio nei confronti del dott. Neri e della rivista Alimenta. Pur nella diversità di vedute, il dibattito rimase infatti opportunamente confinato all’ambito scientifico, risolvendosi in un franco confronto fra esperti de settore per consentire ai lettori della rivista di farsi una propria opinione al riguardo, ma senza che ciò venisse usato strumentalmente per innescare una polemica sui mezzi di comunicazione di massa che avrebbe potuto confondere i consumatori , rischiando di risolversi in un ingiusto ed immotivato danno al formaggio Grana Padano Dop.

La questione non ha poi avuto alcun seguito in quanto semplicemente non ce ne erano i presupposti. Il tempo ha dato ragione di quanto da noi a suo tempo fatto presente al dott. Neri sulla questione lisozima, in maniera chiara e completa e con la massima apertura e collaborazione, tenendo in debito conto anche le osservazioni del Dott. Neri.

Sarebbe auspicabile che pure il dibattito in corso in questi giorni si limitasse alle argomentazioni suffragate da dati di fatto, anziché basarsi su illazioni che non hanno alcun fondamento e che concorrono solo a creare un polverone mediatico sulla vicenda lisozima, anche tirando in ballo questioni vecchie, abbondantemente superate e già positivamente risolte, in modo come detto del tutto pacifico senza alcun ricorso ai Tribunali.

Sono quindi le illazioni sulla correttezza, trasparenza e lealtà del Consorzio Grana Padano – e non certo il franco e aperto dibattito sul piano tecnico-scientifico – i comportamenti che devono indurci a valutare l’eventualità di tutelarci nelle sedi opportune, laddove ne ricorrano i presupposti.

Dott. Nicola Cesare Baldrighi
Presidente
Consorzio Tutela Grana Padano
Via XXIV Giugno, 8
25015 Desenzano del Garda (Brescia)

Ricevuta: il 15.01.2019
Pubblicata: il 16.01.2019


Risposta del nostro Direttore Responsabile Stefano Mariotti alla richiesta di precisazione ricevuta dal Dr. Baldrighi, presidente del Consorzio di Tutela del Grana Padano

pubblicata il 17 gennaio 2019

Egregio Presidente Baldrighi,
quando ci addentriamo in vicende che potrebbero risultare scomode per qualcuno, noi giornalisti (in particolare noi consumeristi) cerchiamo di non recitare la parte dell’elefante nel negozio di cristalli. Allo stesso tempo, in una vicenda complessa come questa, ci impegnamo, per quanto possibile, nell’evitare di schierarci da una parte o dall’altra, preferendo rimanere dall’unico lato che per noi conta: quello della difesa dei diritti dei consumatori.

Fatta questa doverosa premessa, le confesso di essermi assai compiaciuto nel constatare che, delle tante affermazioni da noi avanzate nell’articolo a cui lei si riferisce, una sola abbia sollecitato la sua richiesta di precisazioni, e su quella mi accingo a darle alcuni ulteriori ragguagli.

Conobbi il direttore responsabile di “Alimenta”, Dr. Antonio Neri, all’incirca 15 anni fa, nel suo studio, dopo che alcuni miei articoli avevano destato il suo interesse; uno di essi riguardava l’uso transitorio del conservante E239 (esamìna) nel Provolone Valpadana, concesso in deroga (e senza “disturbare Bruxelles”) dall’allora ministro Alemanno al consorzio di tutela di quel formaggio. L’articolo era stato pubblicato sul bimestrale Cheese Time, da me diretto, e riferiva tra l’altro alcune informazioni che proprio Alimenta aveva pubblicato tempo prima.

Nei giorni che seguirono quell’incontro, ebbi il piacere di destinare allo stimato collega un abbonamento alla mia testata. Lui ne attivò uno in mio favore. Rimanemmo in contatto per alcuni anni e, di tanto in tanto, ci scambiammo qualche opinione e qualche informazione, come avviene tra colleghi che abbiano delle sintonie. Fu in quel frangente che il Dr. Neri ebbe ad aggiornarmi sulla disputa sorta tra il vostro consorzio e la sua testata giornalistica – vale a dire sulla questione che ha spinto lei, Dr. Baldrighi, a chiedermi questa precisazione – non senza manifestarmi una certa preoccupazione per le richieste risarcitorie che i vostri legali avanzavano. Richieste milionarie per danni d’immagine. Il tutto è qui da me riferito nell’assoluta buonafede per quanto il Dr. Neri ebbe a dirmi.

Seppur d’altronde, essendo passati 14 anni credo, e in minima parte i miei ricordi possono risultare marginalmente sfumati, conservo viva la memoria dei timori che ne scaturirono per il collega. Ricordo, come fosse oggi, di aver appreso dal Dr, Neri dell’accusa di “fumus persecutionis” che gli veniva mossa dai vostri legali, per aver reiterato le critiche più e più volte.

Eppure in quegli articoli – lo dico per averli letti – la medesima materia era trattata da angolature diverse, in quanto diverse erano le competenze degli esperti collaboratori che firmavano quei pezzi. Io, come immagino altri lettori (la rivista, per chi non la conoscesse è un “commentario tecnico-giuridico della produzione agro-alimentare”, riservato in primo luogo a chi si occupa di diritto in questo settore), li trovai tutti assai interessanti (ancora li conservo) e mai ripetitivi.

Ma ciò che mi preme sottolineare maggiormente è il fine ultimo che l’illustre collega si prefiggeva nel muovere delle critiche al “Sistema Grana Padano”, e su questo non ho dubbio mnemonico alcuno, sia per la condivisione totale di vedute tra lui e il sottoscritto sia per il numero di volte in cui ne parlammo. Un fine ultimo che puntava a sollecitare una soluzione a monte del problema: produrre un “altro latte” per non dover usare più il lisozima. E, ancor più a monte, intervenire sull’alimentazione delle bovine per giungere finalmente ad un “altro latte” che non abbisognasse di lisozima.

Detto questo, spero di aver risposto in maniera esauriente alla vostra richiesta di precisazione. Se così non fosse, all’occorremza posso recuperare nei miei archivi tutto il materiale per ricostruire con esattezza la vicenda, in maniera più circostanziata. Quello che mi eviterei di fare – per due ragioni su cui spero che anche lei voglia convenire – è di tornare a disturbare l’interessato, sia per la veneranda età raggiunta (credo ben oltre le 90 primavere) sia per l’ormai avvenuta chiusura di quella pubblicazione.

La ringrazio per l’attenzione e il tempo prestatimi.

Cordiali saluti,

Stefano Mariotti
Direttore Responsabile
Qualeformaggio