
Un poco edificante scambio di messaggi tra il mondo della politica e quello della produzione agroalimentare ha caratterizzato la settimana appena trascorsa. Intervenendo sul dibattito relativo alla Tav Torino-Lione e contestando la posizione assunta in merito dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, il sottosegretario agli Affari Esteri Manlio Di Stefano ha affermato che senza la tanto contestata grande opera, sottolineando che altre infrastrutture meriterebbero di essere create. Ma lo ha fatto utilizzando l’esempio sbagliato, al momento sbagliato.
«I cittadini italiani», ha detto Di Stefano, «non hanno bisogno di spedire una mozzarella venti minuti prima in Francia»: una frase che nelle intenzioni del politico avrebbe potuto riferirsi a mille altri prodotti merceologici senza perdere di significato. Nella sostanza un’affermazione che, in linea con le scelte del Movimento 5 Stelle in merito alle grandi infrastrutture, intendeva verosimilmente e solo significare che la velocità non è tutto nel commercio, e che un’opera del genere andrebbe valutata considerando molti aspetti sin qui trascurati, a partire da quello ambientale.
Una posizione di certo non nuova, se si pensa agli impegni presi con gli elettori dai pentastellati, e un atto dovuto da parte della seconda carica di un ministero che ha competenze in materia, nel replicare ad un ministro che di infrastrutture dovrebbe occuparsi assai marginalmente. Ma quell’allusione pesava troppo ai fautori di un “made in Italy” alimentare che si vorrebbe “ovunque e comunque” per non scatenare le dure reazioni registrate nelle giornate di mercoledì e giovedì, una delle quali in particolare ha esposto ancora una volta il prodotto “latticino” di fronte ad uno dei suoi irrisolvibili vulnus.
«La Francia è per la mozzarella», ha sottolineato mercoledì all’Adn-Kronos il presidente di Assolatte Giuseppe Ambrosi, «la prima destinazione (in termini di fatturato, ndr). Ne esportiamo 32mila tonnellate all’anno. Ma non solo. Complessivamente ai francesi vendiamo 90mila tonnellate di formaggi all’anno su un totale di 400mila tonnellate esportate. Per noi quindi è un mercato importante. E se si parla di infrastrutture sicuramente tutte le imprese del settore sono a favore non solo della Tav, ma di qualsiasi altra opera che aiuti nel commercio il comparto. Non si dimentichi che l’agroalimentare, come altri settori, riesce a stare in piedi proprio grazie all’export’».
Una contestazione articolata e argomentata, quella del numero uno degli industriali del settore, che in poche ore ha centrato il bersaglio, portando Di Stefano a fare il più grande spot possibile per la mozzarella dalla sua pagina Facebook, non con una sola foto ma con un’intero album (vedi foto in apertura di questo articolo) in cui il politico è ritratto a mangiare il latticino in ben quattro diverse situazioni, in contesti ambientali e con abiti differenti. Come a testimoniare che lui di mozzarella ne mangia, e che mai avrebbe voluto suscitare tante polemiche tra produttori e promotori di quel prodotto.
Il titolo del post del sottosegretario – “No Tav, Sì mozzarella” – suona come la più eloquente replica ad Ambrosi, a cui l’esponente di governo indirizza una correzione di tiro non da poco: “..mi tocca rassicurare il presidente Giuseppe Ambrosi e tutta Assolatte”, precisa Di Stefano, “come è evidente in foto io sono il primo testimonial di questa nostra eccellenza che va protetta dai falsi e aiutata nella diffusione internazionale”. “Altrettanto evidente però”, prosegue il messaggio, che ha avuto un esito “social” rilevante, “è che il Paese abbia alcune priorità. Sono certo che i produttori di mozzarella capiscano e condividano il fatto che la necessità che un siciliano non debba impiegare 20 ore per andare da Catania ad Agrigento e un abruzzese 6 ore da Roma a Pescara, sia quantomeno prioritaria rispetto al fatto che una mozzarella arrivi 20 minuti prima rispetto ai suoi normali tempi di consegna”.
Il messaggio termina con il “No Tav, Sì mozzarella” poi ripreso nel titolo: un colpo al cerchio e uno alla botte che non è bastato a trattenere la replica del presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana, Domenico Raimondo: «Prendiamo atto con piacere», ha dichiarato Raimondo alle agenzie stampa, «che il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano è un grande estimatore della mozzarella, come ha scritto sul suo profilo facebook, facendosi ritrarre mentre mangia una mozzarella. Proprio per questo converrà che portarla fresca sulle tavole di tutto il mondo dovrebbe essere una priorità per tutti».
Un’affermazione in qualche modo dovuta, quella di Raimondo, vista la duplice posizione da lui ricoperta nel mercato dell’agroalimentare (è anche presidente di Afidop, l’associazione che raggruppa le Dop più industrializzate), che contiene però un elemento iperbolico (“fresca su tutte le tavole del mondo”, ndr) che ne palesa i limiti: passi di certo la sua obiezione per il caso francese, come per i mercati a noi prossimi è ovvio – ma siamo davvero sicuri, dottor Raimondo, che un prodotto con shelflife di pochi giorni possa competere con uno locale (fatto bene negli Usa, in Argentina, in Australia, e ce ne sono), se fatto a regola d’arte? Per quale motivo un consumatore di Melbourne dovrebbe preferire un prodotto che ha già due giorni di vita ad uno fatto poche ore prima, magari da un casaro campano emigrato?
11 febbraio 2019