I marchi di protezione agroalimentare europei (Dop, Igp, Stg) tutelano i detentori della proprietà di prodotti che sono stati registrati dall’Ue, e li proteggono in vari modi – più o meno noti al grande pubblico – attraverso obblighi, restrizioni, limitazioni e divieti di carattere generale o specifico, a seconda delle indicazioni contenute in ogni singolo disciplinare di produzione. Tra i vari vincoli esistenti, quelli relativi all’uso di marchi e logotipi registrati (di cui sono definiti i codici estetici identificativi: stili, colori, posizioni, dimensioni, etc.) vede di tanto in tanto qualche tentativo di allusione grafica da parte di produttori che tentano la pratica dell’evocazione illecita, sapendo di poterla talvolta fare franca.
Un esempio lampante di questo, che si ripete e si ripeterà nel tempo chissà quante volte ancora, è l’uso di teste di bufala più o meno somiglianti (a volte assai poco, come nella foto in basso) a quella depositata come marchio dal Consorzio di Produzione della Mozzarella di Bufala Dop. Il caso più eclatante, tra i recenti – emerso appena due mesi or sono – è quello di una mozzarella “Tokyo”, in cui la parola “bufala” non era menzionata né l’icona aveva qualche affinità grafica con quella depositata. In buona sostanza, un binomio icona+nome (seppur incompleto) viene ritenuto fuorviante per il consumatore, di conseguenza il legislatore decide di intervenire con divieto a proseguire nell’uso e multe al contraffattore, commisurate alla gravità del fatto.
Ma veniamo ai fatti più recenti. Una decina di giorni fa esplose sulla stampa spagnola, dopo aver covato sotto la cenere per diverso tempo, il caso di un formaggio che evocava la Dop Manchego, fuorviando i consumatori, attraverso l’uso di un’immagine di Don Chisciotte della Mancia, icona territoriale utilizzata dalla suddetta Dop con una determinata grafica. In questo recente caso la Corte di Giustizia Europea è tempestivamente intervenuta in risposta all’esposto presentato dalla parte offesa, sottolineando così la rilevanza della componente iconica (marchio), elemento importante in quanto inscindibile dal nome stesso del prodotto.
Fatta questa premessa, ci è doveroso sottolineare quanto la notizia — da noi accantonata la settimana scorsa, per pura scelta redazionale (avevamo storie più interessanti da narrare ai nostri lettori) — si ritrovi ora ad essere stata riattualizzata dall’uso che l’ufficio stampa del Consorzio del Grana Padano ha deciso di farne, attraverso un proprio comunicato. Da esso (“L’Ue condanna l’evocazione delle Dop”) emerge evidente una visione parziale — ancorché strumentale — della vicenda spagnola, che è tanto evidente quanto clamorosa è la differenza tra i due prodotti, e non certo per la natura del latte utilizzato o per la tecnica produttiva. Se da un canto il Manchego è legato ad un territorio ben definito — la Mancha, per l’appunto — dall’altro il Grana Padano Dop è prodotto in un territorio talmente più vasto (in tutta la Pianura Padana, dalla provincia di Cuneo a quella di Trento, ndr) da non poter avere, di fatto, un’elemento iconico univoco.
Perché allora agganciarsi ad una vicenda totalmente lontana dalla propria realtà, quando altri consorzi — italiani e non — lo avrebbero potuto fare a pieno titolo? Solo perché si ha l’ufficio stampa più veloce che c’è? O solo per conquistare spazi (sui giornali, sul web, in tv, alla radio) che altrimenti sarebbero appannaggio di altri?
In buona sostanza, laddove la qualità dell’informazione evidentemente diventa secondaria agli obiettivi prefissati dai vertici committenti, a nostro avviso l’idea di operare con un po’ di moderazione, di tanto in tanto, non guasterebbe. Né in chi ha il ruolo di tutelare un prodotto né in chi per conto di quello venga chiamato a comunicare.
Venendo invece alle allusioni — più o meno velate — che il Consorzio di Tutela del Grana Padano fa, riferendosi ai propri aderenti che producono essi stessi dei formaggi similari al Grana, il fenomeno, oltre a non essere circoscrivibile ad un solo episodio né ad un singolo produttore, non è accostabile a quello del suddetto formaggio spagnolo, non avendo peraltro nulla ha a che fare con allusioni iconografiche. Ma avendo purtroppo tutto a che fare, a quanto sembrera, con una concorrenza sleale le cui ragioni andrebbero probabilmente cercate in una situazione di mercato difficile per molti produttori. Situazione che il buonsenso vorrebbe veder gestita all’interno del sistema Grana Padano (consorzio, enti di controllo, sanzioni) con interventi diretti sui caseifici responsabili del fenomeno, laddove non esistono – e non ne esistono – né gli estremi per effettuare un esposto all’Ue (se ce ne fossero, perché non farlo?) né la sostanza — a nostro modesto avviso — per denunciare pubblicamente alcunché agli occhi dei consumatori.
13 maggio 2019