«Serve una “denominazione geografica protetta”, come l’Igp, per tutelare la filiera e il lavoro dei nostri pastori. Dobbiamo difendere la qualità igienico-sanitaria del latte sardo, proteggendola con una “denominazione di origine geografica”». Ad affermarlo è il consigliere regionale del Partito Sardo d’Azione Nanni Lancioni.
“La proposta di legge”, riferiscono all’unisono molte testate giornalistiche dell’isola, “prende spunto dall’allarme sanitario suscitato dalla divulgazione delle risultanze delle analisi effettuate su diverse tipologie di latte venduto negli scaffali della Gdo che, evidenziando una generalizzata presenza di residui di antibiotici, ne sconsiglierebbe l’utilizzo. In particolare da parte dei bambini e dei consumatori in generale”.
Evidente risulta il riferimento all’articolo di denuncia pubblicato il 23 gennaio scorso dal settimanale online Il Salvagente. Meno chiaro il motivo per cui il politico sardista non invochi l’adesione dei produttori dell’isola al già esistente Heumilch Stg, il latte fieno che, nato in Austria (qui la domanda di registrazione) nel 2018, ha poi trovato consensi e adesioni nei territori in cui esiste e resiste una cultura del fieno: dall’Austria stessa alla Germania (Baviera), alla Francia.
In Italia, se si esclude l’Alto Adige, che per molti versi – linguistici ma ancor prima agronomici – rientra nel bacino di origine di quell’Stg, si sono registrati o sporadici casi di adesione, legati ad iniziative di singole aziende, o iniziative autonome che hanno escluso l’adozione di quel marchio o perché i produttori non si sono riconosciuti in esso, avendo requisiti anche migliori (Cascina Roseleto, Salvaderi, altri) o perché troppo diversi per metodologie produttive da quel disciplinare (Latte Nobile).
Tornando alla proposta dell’esponente del Partito Sardo d’Azione, secondo quanto riferisce la stampa sarda, esisterebbe “la necessità di rendere note e difendere la qualità e le caratteristiche organolettiche e salutistiche del latte ottenuto dai nostri pascoli naturali, rendendo giustizia al pesante lavoro svolto dai pastori di Sardegna. Si potrebbe raggiungere questo obbiettivo proteggendo con la Igp – indicazione geografica protetta – la particolarità delle nostre tipologie di latte” (strano che venga indicata la Igp che protegge la ricetta e non la materia prima che, per l’appunto andrebbe protetta con l’Stg, ndr).
«A questa misura», prosegue Lancioni, «si dovrebbe accompagnare l’obbligo di produrre i formaggi sardi con denominazione protetta esclusivamente con latte provvisto di analoga protezione», anch’esso certificato. «Di conseguenza», prosegue il politico sardista, «a essere tutelata sarebbe l’intera filiera, perché diventerebbe obbligatorio produrre i formaggi sardi a denominazione protetta esclusivamente con una materia prima, il latte, garantita a sua volta».
Se, nella pur palese imprecisione che lo connota (una materia prima va protetta con una Stg, e il prodotto da filiera locale con la Dop), l’intervento del politico sardo possa avere valenza di esortazione al fare, lo si accolga con benevolenza e lo si rivolga a quanti almeno in teoria dovrebbero essere nelle condizioni di organizzare una filiera “del fieno”. A cominciare dalla cooperativa Arborea, che una buona immagine del proprio prodotto ha saputo creare in questi ultimi anni, continuando poi con le industrie di trasformazione del latte ovicaprino (nel 2019 l’Heumilch Stg è stato esteso ai latti di quelle due specie). Ammesso e non concesso che ci siano la volontà e l’interesse a fare, la domanda che s’impone, a questo punto però è anche un’altra: siamo davvero certi che la Sardegna delle produzioni estensive abbia ancora i numeri per accogliere una sfida del genere?
3 febbraio 2020