Trentino: il comune di Pelugo verso il varo di una mega-stalla. L’opposizione insorge

La stalla oggetto del contendere: il progetto ne vedrebbe aumentare di molto dimensioni e impatto ambientale, in un territorio fragile e ad alta vocazione turistica – foto Comune di Pelugo©

Divampa la polemica tra l’amministrazione comunale di Pelugo, paese di 385 abitanti a 675 mt di altitudine della Val Rendena – favorevole alla costruzione di una mega-stalla – e i consiglieri di minoranza Riccardo Campidelli, Stefano Pietro Galli, Alberto Ongari, Gianluca Oss.

I quattro, dopo aver criticato nelle scorse settimane la giunta comunale per l’approvazione di un progetto d’ampliamento di una struttura esistente (vedi articolo del 16 aprile: “La nuova stalla, un irrimediabile deturpamento del paesaggio”, apparso sul sito web Giudicarie.com), adducendo motivazioni di carattere paesaggistico – cadute a quanto pare nel vuoto – sono tornati sulla questione mercoledì 6 maggio attraverso la pubblicazione, sul medesimo giornale online, di un pezzo intitolato “Pelugo, perché diciamo no ad un altro allevamento zootecnico di tipo industriale”.

L’ampliamento della stalla di Pelugo: un progetto da rigettare, in nome dell’ambiente e delle prospettive turistiche che il territorio merita – ad oggi – di avere

Se il primo dei due articoli aveva puntato il dito quasi solo sull’“irrimediabile deturpamento del paesaggio” definendo l’ampliamento della stalla, di proprietà di una famiglia del luogo, “in palese contrasto con quanto prevede il documento di programmazione della Provincia in tema di custodia territoriale e tutela paesaggistica” (ricordando che “il territorio va salvaguardato, contenendo il consumo di suolo, valorizzando il paesaggio e migliorando l’integrazione tra agricoltura e turismo, per uno sviluppo sostenibile e con la rivalutazione, tutela e sviluppo dei paesaggi rurali tradizionali”), il secondo pezzo è riuscito finalmente a ficcare il dito nella piaga, sottolineando gli ulteriori aspetti del dissenso, riassumibili con:

  • i dubbi sulla necessità di ampliare la superficie aziendale;
  • le perplessità di fronte all’affitto di una malga a caro prezzo da parte dei proprietari della stalla;
  • il forte incremento dei capi allevati che seguirebbe l’ampliamento;
  • le perplessità di fronte al mancato rispetto di un benessere animale vero;
  • la palese prospettiva di un impatto ambientale insostenibile, per via delle deiezioni previste;
  • lo sconcerto di fronte alla mancata adesione ad un modello produttivo più consono al territorio, basato non sull’insilato di mais bensì sul fieno;
  • l’anacronistica propensione verso una zootecnia intensiva, altamente sconsigliata per le evidenze della pandemia in atto;
  • l’esistenza di strutture meno impattanti, idonee ad un ambiente montano che vuole puntare al turismo;
  • l’esistenza di nuove linee guida europee che spingono verso una zootecnia estensiva, con maggior utilizzo di pascolo e riduzione dei carichi di azoto;
  • il rischio che una stalla di dimensioni spropositate vada incontro a difficoltà economiche per l’oscillazione di prezzo a cui il latte industriale è soggetto;
  • il rischio di alterare negativamente lo sviluppo agricolo, ambientale, sociale e turistico della valle.

Argomentazioni forti, fondate e circostanziate, di fronte alla quali è apparsa quantomeno pallida – per non dire velleitaria – la controreplica dell’amministrazione comunale, pubblicata, sempre su Giudicarie.com, venerdì scorso 8 maggio[continua dopo la pubblicità]

 

Nell’articolo – intitolato “Stalla di Pelugo, l’amministrazione risponde «Agricoltura e tutela del paesaggio: no alla propaganda politica»” – la giunta del paese rendeno lancia l’accusa di propaganda politica ai quattro latori delle sostanziose obiezioni, adducendo argomenti speculativi, quali l’”attuale emergenza sanitaria” e “la profonda incertezza economica che vede le amministrazioni comunali impegnate nell’adozione di misure concrete per far fronte alle difficoltà esistenti”.

Le tesi palesate dall’amministrazione del piccolo comune trentino sfiorano l’inverosimile, imbarazzano lo stesso lettore per quanto appaiono fuori luogo, per l’inconsistenza e la futilità che esprimono e in sostanza portano a pensare che sarebbe stato meglio per quegli amministratori non esporsi in tale modo, bensì tergiversare, studiare meglio una qualche controreplica più sostanziosa. O – perché no? – accettare in parte o in toto le critiche e muovere magari verso una più apprezzabile marcia indietro.

Nella loro replica, Sindaco e Giunta parlano di “dovere d’informazione” e di “amore di verità”, asserendo che il progetto della nuova stalla è “un intervento di riqualificazione e ristrutturazione funzionale di un’azienda agricola a carattere zootecnico” e adducendo ragioni che neanche sul libro Cuore avrebbero trovato ospitalità, raccontando – pare di vederli, con le lacrime agli occhi – che “un imprenditore locale desidera sviluppare la propria attività”, “per consentire ai figli di lavorare all’interno dell’azienda di famiglia”. [continua dopo la pubblicità]

 

Inoltre, le tesi della giunta adducono cifre che appaiono palesemente fuorvianti, parlando di “una nuova stalla che va ad incidere” sull’area occupata di 8 ettari “per una percentuale pari al 2.6% e per uno 0,8% sulla totalità delle aree di pregio comunali” (ci mancava scrivessero che l’impatto sul Trentino intero sarà – che so? – dello 0,000001%, ndr), nascondendo la prospettiva di un eco-mostro (per le molteplici ragioni ben evidenziate dai consiglieri di minoranza, e su elencate) e di un impatto ambientale che la fragilità di un territorio montano da preservare mai potrebbe sostenere.

Il modello zootecnico padano: per la montagna, una bomba ecologica
Lascia basiti il vivido pensiero del fallimento che occorse, a pochi chilometri di distanza da Pelugo, in un contesto ambientale del tutto simile – e neanche poi tanto lontano nel tempo – al colosso di Pinzolo-Fiavè. Una mega-stalla plasmata su un modello di zootecnia padana che non può e non deve essere neanche lontanamente accostato ad un ambiente che merita rispetto, tutela e protezione.

In situazioni come questa – senza “se” e senza “ma” – l’approccio non può non mettere al centro di qualsiasi idea di sviluppo, collettivo o familiare che sia, l’ambiente: si pensino, si attuino e si sostengano imprese e prospettive ecologiche, di basso impatto e di alto valore. Se ne favorisca anche più di una ma non si prescinda dal numero contenuto di animali, dalle razze locali, da un’alimentazione rispettosa della bestie e dei consumatori, da un prodotto di vera eccellenza, vale a dire caratterizzato da valori nutrizionali e salutistici assoluti. E se mancano le idee si guardi al vicino Alto Adige e ancor più all’Austria dell’Heumilch Stg e alla Baviera della cooperativa Berchtesgadener Land, esempi virtuosi di ciò che la moderna zootecnia ecologica può – e deve – garantire.

Nei prodotti di origine animale la qualità è misurabile, grazie alle analisi degli acidi grassi: iniziamo a chiederli agli allevatori, a far sì che i prodotti vengano accompagnati da certificazioni inconfutabili. Ci risparmieremmo beghe che solo una politica di retroguardia può ancora pensare di mettere in campo.

11 maggio 2020