Accoglienza tiepida, purtroppo, lunedì scorso per la conferenza stampa indetta da CiWF (Compassion in World Farming) e Legambiente con il fine di illustrare la proposta di legge sull’etichettatura dei prodotti di origine animale, in particolar modo studiata per i suini, presentata dall’onorevole Rossella Muroni di LeU (Liberi e Uguali). La deputata, che è attiva in Legambiente dal 1996, è sociologa ed esperta nei temi della sostenibilità ambientale.
La conferenza, andata in onda in diretta video su Facebook (seguita da 3.176 persone), ha visto la partecipazione di Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia, Antonino Morabito, responsabile fauna di Legambiente, e Arnaldo Santi, esperto di marketing del settore suinicolo.
La proposta di legge avanzata da Muroni sembra abbracciare appieno le tematiche presenti nelle recenti battaglie di CiWF sulla condizione di vita degli animali allevati nei sistemi intensivi, in cui molto si è detto della condizione non solo delle “macchine da latte” ma anche delle scrofe in gabbia, e dei suini.
Le soluzioni proposte illustrano un sistema volontario di etichettatura per i prodotti suinicoli che arrivi “chiaro e forte” al consumatore, attraverso una tabella che si propone d’illustrare il metodo d’allevamento sulla base di cinque descrittori del vero benessere animale, contraddistinti da numeri dallo “0” al “4”:
0. Biologico: con accesso all’aperto garantito e costante; con scrofe libere di muoversi durante gestazione, il parto e l’allattamento; svezzamento oltre i 40 giorni; rispetto dei requisiti di benessere per la certificazione biologica; [continua dopo la pubblicità]
1. All’aperto: con accesso all’aperto garantito e costante; con scrofe libere di muoversi durante la gestazione, il parto e l’allattamento; con presenza di lettiera vegetale; con abolizione della castrazione chirurgica; svezzamento oltre i 40 giorni;
2. Al coperto ma con un 30% di spazio in più rispetto ai requisiti minimi di legge: con le scrofe libere di muoversi durante la gestazione, il parto e l’allattamento; cpn presenza di lettiera vegetale; con abolizione della castrazione chirurgica e area esterna facoltativa;
3. Al coperto, ma con maggiori restrizioni per gli animali: 30% di spazio in più rispetto ai requisiti minimi di legge; scrofe in gabbia per sei giorni al massimo; uso di paglia come lettiera; castrazione chirurgica in anestesia; nessun accesso all’aperto;
4. Intensivo: requisiti minimi di legge sullo spazio; scrofe in gabbia; nessun accesso all’aperto. [continua dopo la pubblicità]
Non solo numeri, ma una grafica obbligatoria, chiara e inequivocabile
Questo l’asse portante dell’iniziativa firmata da Muroni, che prevede l’istituzione di un sistema nazionale univoco e volontario di etichettatura, caratterizzato da una “chiara grafica”, che “tuteli i cittadini veicolando informazioni trasparenti”.
«Nonostante la crescente sensibilità dei cittadini», spiega Muroni, «in Italia manca una certificazione univoca e volontaria ma garantita dal pubblico sul benessere animale in zootecnia e io, accogliendo l’appello di Legambiente e Ciwf Italia, ho presentato questa proposta di legge» che «prevede, tra l’altro, l’indicazione in etichetta del metodo di allevamento e dell’eventuale uso di gabbie» per i suini. Questo, precisa l’esponente di LeU, «a tutela della libertà di scelta dei cittadini e a difesa degli allevatori italiani virtuosi».
Secondo le due associazioni, delle “informazioni univoche, chiare e trasparenti sul potenziale di benessere animale dei prodotti sono indispensabili per tutelare il diritto di scegliere dei consumatori e per valorizzare gli allevatori virtuosi del “made in Italy”. Sono oltre 5mila gli allevatori di suini all’aperto, e oltre 8mila quelli che stanno investendo per un miglioramento del benessere animale” nelle stalle italiane. [continua dopo la pubblicità]
Un’etichetta che aiuti il Governo a indirizzare i fondi Ue
La proposta di legge presentata da Muroni, in sostanza, istituisce il “Sistema di qualità nazionale benessere animale in zootecnia”, per “elevare e garantire condizioni di benessere e salute animale significativamente superiori alle norme comunitarie e nazionali”. L’etichettatura secondo il metodo di allevamento – viene spiegato – è anche “uno strumento a disposizione del Governo per indirizzare i fondi verso allevamenti che hanno migliori caratteristiche di sostenibilità, producono con migliori qualità nutrizionali, hanno bisogno di un minore uso di antibiotici, e possono quindi diventare la cifra del nostro made in Italy all’estero. La transizione verso un sistema alimentare sostenibile è sempre più necessaria”.
La posizione delle due associazioni
«Oggi», spiega Pisapia, «è un giorno molto importante: è l’apertura di un percorso di trasparenza di cui il sistema alimentare italiano ha urgentemente bisogno». E, aggiunge Morabito: «l’esigenza di rafforzare gli impegni nell’approccio “One health” e l’attuale crisi causata dalla pandemia Covid-19 hanno reso evidente quanto siano insostenibili molti dei modelli economici attuali e che la minaccia per salute e ambiente passi anche dall’allevamento intensivo». «L’Italia», conclude l’esponente di Legambiente, «può e deve fare la propria parte; sarebbe paradossale se Parlamento e Governo non lo facessero, a partire dai modi più semplici. Uno di questi è fornire strumenti normativi affinché cittadini e allevatori possano concretamente contribuire». [continua dopo la pubblicità]
Reazioni e prospettive
Nel frattempo, qua e là già si registra qualche prevedibile disappunto, da parte dei soliti noti (larga parte degli editori di settore ingrassati dalle industrie zootecniche, ndr), preoccupati per le infauste prospettive a cui rischia di andare incontro il mondo che li foraggia. Chissà però (è questa la speranza in cuor loro) che la lunga mano della vasta componente politica al servizio delle lobby non si opponga ad un progetto che, per quanto partito quasi in sordina, già evidentemente preoccupa gli intensivisti.
Speriamo che stavolta la montagna non partorisca il topolino, come accadde per le uova di gallina, laddove – oltre ai codici stampigliati che nessuno legge – la fuorviante dicitura “allevate a terra” (si intende sul pavimento del capannone, ndr) ha platealmente disinnescato le intenzioni originarie dei propugnatori di quella classificazione.
E speriamo infine che, una volta messa in pista questa, integra, sana e marciante, si scopra di avere spianato la strada ad un’etichettatura chiara e inequivocabile anche per il mondo del latte e dei suoi derivati.
1 giugno 2020
La conferenza stampa è disponibile anche su YouTube, cliccando qui