L’Asiago si libera dal lisozima: speriamo possano farlo anche Grana e altri

foto di Marco Cattaneo© – Creative Commons License

Da mercoledì 8 scorso, il formaggio Asiago Dop ha un nuovo disciplinare di produzione, fortemente voluto dal presidente del consorzio di Tutela Fiorenzo Rigoni, in carica dall’aprile del 2015. Il nuovo dettame tecnico punta con decisione ad un futuro sostenibile per il prodotto – andando incontro alla crescente sensibilità ecologista del mercato –scegliendo di rafforzare il legame con il territorio di origine e di realizzare scelte produttive sempre più naturali e rispettose del benessere animale.

Il domani ci prospetta quindi un Asiago Dop che a differenza di altri big del settore non sceglie il “green washing” fatto di colpi di scena e comunicazione e nulla più (lo lascia fare agli altri, ndr) ma getta le basi per un futuro di concreta ecosostenibilità, anticipando le azioni del Green New Deal promosso dall’Unione Europea. Lo fa attraverso un innovativo percorso di crescita, basato su un approccio rispettoso dei cicli naturali, fortemente legati ai territori d’origine e alle pratiche tradizionali di produzione. Questo è quanto dichiarato nell’enunciato produttivo del Consorzio.

Il nuovo disciplinare avvia un grande progetto di valorizzazione del patrimonio di biodiversità della zona d’origine della Dop, che comprende le province di Vicenza e Trento e parte di quelle di Padova e Treviso. Il percorso parte fin dall’alimentazione delle bovine, com’è corretto che sia, con foraggio proveniente dalla zona geografica della denominazione, ricca di essenze vegetali autoctone, che conferiscono al latte prima, e al formaggio poi, caratteristiche organolettiche e sapori unici ed esclusivi.

Contestualmente a questa scelta, si apprezza l’esclusione delle specie vegetali alloctone dalla dieta delle bovine e l’adesione alla valutazione volontaria sul benessere animale del CReNBA (Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale) di Brescia, un’autorità la cui condotta ha però già avuto più di un inciampo sul proprio percorso, finendo contestata (a pieno titolo) sia da CiWF (Compassion in World Farming) nel settembre 2017, sia dalla trasmissione di Sabrina Giannini “Indovina chi viene a cena” di RaiTre, il 26 aprile scorso (allo stato attuale però non esiste un ente terzo specializzato nella certificazione, in questa materia, ndr).

In sostanza,  il consorzio dell’Asiago Dop appare in marcia verso un futuro migliore, secondo le linee d’intervento auspicato dall’Unione Europea, verso un’alimentazione più sana, sia delle lattifere che dei consumatori. In questo nuovo percorso intrapreso, l’ente di tutela si fa apprezzare già per questi primi passi, che – tanto per cominciare – portano con sé l’eliminazione del lisozima, sia dal prodotto fresco che dallo stagionato.

Il lisozima è un conservante ad azione antibiotica che, a dispetto della sua origine “naturale” (proteina dell’uovo), è indice di possibili criticità proprie di sistemi produttivi che utilizzano latti potenzialmente problematici, in quanto “assediati” da possibili attacchi di microrganismi anticaseari (p.e.: sporigeni, alla base di gonfiori tardivi e forme scoppiate, ndr) legati proprio all’alimentazione non-naturale bensì “spinta” delle bovine (p.e.: insilati di mais, ndr), a cui sono legati molti dei sistemi produttivi industriali anche Dop. Sistemi che sono in mano a produttori che storicamente, per forma mentis e per orientamento mercantile, guardano più alle quantità e al prezzo che alla qualità assoluta del prodotto.

In sostanza, oggi l’Asiago Dop, rifacendosi alla tradizione più antica della produzione di formaggio dell’omonimo Altopiano,  si dota di un nuovo disciplinare che prevede anche la possibilità d’impiego del caglio vegetale, così da garantire le varie versioni dell’Asiago Dop anche ai consumatori che ricercano un’alternativa al caglio bovino.

12 ottobre 2020