Mercato: strategia pronta per il Grana Padano, ma contro i similari nessuna soluzione

Grana Padano – foto di Sinikka Halme© – Creative Commons License

Grandi cambiamenti si profilano all’orizzonte per il Grana Padano e per il consorzio di tutela che le sorti di quel formaggio amministra: li annuncia, con largo anticipo sui programmi (riguardano il 2022), il quotidiano online Italia Oggi – in esclusiva per i propri abbonati – e li rilancia il sito web La Mescolanza, riproponendo in chiaro e integralmente il dettagliato articolo di Francesca Sottilaro, intitolato semplicemente “Grana Padano ripensa i formati”.

Al di là dell’aspetto merceologico della questione, parzialmente espresso dal titolo, il pezzo lascia intravedere – molto più di quanto ci si potrebbe aspettare – le strategie future del consorzio, che comprenderanno un restyling del logo, che sarà più moderno, evidente e riconoscibile sulle pubblicità e sulle confezioni (una mossa relativa alla vicinanza sullo scaffale con il “diversamente simile” Parmigiano Reggiano, ndr), una maggior enfatizzazione del grado di maturazione (12, 14, 16, 18 mesi… sino ad oltre i 24 dei “riserva gold”) e  una maggior presenza di allevatori e casari nel racconto del prodotto, ma non solo.

Attraverso l’intervista al presidente del Consorzio di Tutela del Grana Padano Renato Zaghini, contenuta nell’articolo, si percepiscono una parte delle problematiche del momento, quantomeno le più salienti, largamente legate ai contraccolpi che la pandemia da Covid-19 e i relativi lockdown – passati e futuri – hanno indotto e indurranno a tutta la produzione agroalimentare.

Per quanto con differenti sfumature, legate ai vari mercati di riferimento nazionali ed esteri e alle varie vicende che ogni prodotto ha stratificato con le proprie azioni, capacità o incapacità espresse nel tempo, si tratta di un’analisi utile per capire alcune dinamiche più generali, senza dubbio interessanti. Dinamiche sempre ben interconnesse alle mosse e alle contromosse operate, ivi incluse quelle di competitors ma anche di “fratelli coltelli” (se ne parla poco, nonostante siano sempre più presenti e arrembanti, ndr) sempre operanti nella dimensione della contiguità e similitudine (sempre apparente, ndr) che nessun’altra realtà quanto il variegato “mondo grana” sa esprimere.

Se da un canto è facilmente intelligibile una parte delle preoccupazioni di Zaghini – e del consorzio – che è palesemente espressa («Siamo totalmente concentrati sul futuro, ma anche un po’ preoccupati») in merito all’incidenza del lockdown sui consumi “fuori casa” (il presidente parla di “ricadute”, ed è curiosa l’assonanza con le “cadute” registrate, ndr) sia in Italia (-20%) che all’estero (-40%), su altre preoccupazioni non espresse ci viene incontro con magistrale tempestività il quotidiano online Il Piacenza.

Con un articolo intitolato “Agripiacenza Latte: il fatturato è in crescita e si pensa anche al Nord Europa”, pubblicato mercoledì 21 scorso, il giornale piacentino ha scoperchiato la pentola del crescente mercato che i produttori stessi di Grana Padano (una parte di essi, beninteso, come accade in minor misura tra i produttori di Parmigiano Reggiano, ndr) hanno saputo costruire proprio con i similari. Spinti anche dall’introduzione di limiti produttivi imposti dal consorzio, in alcuni caseifici sono nati e cresciuti negli anni vari altri formaggi, più o meno differenti dal Grana Padano.

Il gioco delle similitudini: quel che è fatto è reso
Formaggi destinati ad affiancarsi al proprio formaggio di riferimento (per similitudine o analogia) si palesano sul mercato, allo stesso modo in cui il Grana Padano si era affiancato al Parmigiano Reggiano (per presunta similitudine) già a partire dagli Anni Settanta. Nel caso del Consorzio Agripiacenza Latte, come conferma il su citato articolo del sito web piacentino, “le limitazioni produttive del Grana Padano hanno ulteriormente incentivato la trasformazione del latte conferito dai soci anche nella produzione del formaggio “Bianco d’Italia” (questo il nome del loro similare, ndr) che, grazie alle sue qualità (utilizzo di caglio non animale, lavorato con alta tecnologia produttiva, senza utilizzo di lisozima), sta ottenendo sempre maggior successo sui mercati italiani ed esteri”.

Due racconti parziali per ottenere un quadro compiuto
In sostanza, il quadro della situazione si fa un po’ più compiuto così, semplicemente affiancando i due racconti, entrambi palesemente veritieri ma altrettanto parziali: in un caso non c’è interesse a lavare i propri panni in piazza, nell’altro il soggetto narrato non è certo tenuto a riferire la genesi della propria attività (che verosimilmente interessa poco a quei lettori, ndr), essendo ben concentrato a massimizzare i profitti di un nuovo filone, finalmente in controtendenza rispetto alla recessione generale.

Come e se il Consorzio di tutela del Grana Padano avrà armi adeguate a contrastare tali fenomeni – che evidentemente vanno a posizionarsi sui suoi stessi mercati d’elezione, portando via fatturato – non è dato saperlo, ma al contempo è assai poco probabile: al di là della promozione, del marketing e della comunicazione, non si vedono altri strumenti che possano essere spesi per tentare di riconquistare posizioni, come peraltro la strategia annunciata lascerebbe intendere.

Ancora una volta la vita dimostra, se ce ne fosse bisogno, che spesso quel che è fatto è reso, che i boomerang sono nelle azioni stesse che compiamo, anche se spesso non li sappiamo riconoscere nel momento del lancio. Quello che a suo tempo accadde ai “similari” del piano di sopra, sta accadendo oggi, a parti invertite, con i “similari” del piano di sotto e dell’appartamento accanto. È il bello della vita: la competizione continua, e ci sarà spazio solo per i migliori. Auspicando che i rubinetti degli aiuti comunitari vengano aperti in futuro con maggior equità rispetto a quanto sia stato fatto sinora.

26 ottobre 2020