“Grazie alle risorse stanziate dal Programma di Sviluppo Rurale 2007/2013 gli agricoltori e le imprese agricole lucane sono chiamati ad investire la propria intelligenza e capacità d’impresa in progetti di investimento che aumentino la competitività dell’impresa e migliorino i processi di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, nel rispetto degli standard e delle norme comunitarie”.
Chi cerchi esattamente questa frase sul web si imbatterà in due risultati appena: una pagina creata il 14 novembre del 2010, sul sito web di una cooperativa agricola lucana – Verdi Fattorie – e un articolo, intitolato “Basilicata. Le mucche, il latte e la beffa: storia di ordinaria lucanata nell’uso delle risorse pubbliche”, apparso l’ultimo venerdì di gennaio sul quotidiano online Basilicata24.
A dieci anni di distanza dal suo avvio, quello che appariva un progetto di filiera come tanti, si manifesta aver avuto una natura e un’architettura illecite, tese ad attingere fondi pubblici attraverso una vera e propria truffa. Una truffa documentata dettagliatamente dal giornale lucano, ch descrive una situazione gravissima, in cui un personaggio – tale Antonio Cocina che della cooperativa sarebbe stato il presidente – avrebbe congegnato un disegno iperbolico di malefatte, intercettando fondi pubblici e raggirando ignari allevatori lucani e pugliesi.
“Il progetto di filiera”, si legge sul sito web di Verdi Fattorie, “si configura come un progetto integrato, a valere anche su più fondi, per garantire la realizzazione di tutte quelle azioni sinergiche alla filiera stessa, indispensabili per lo sviluppo del settore”. All’operazione, denominata “Insieme per allevare, trasformare, commercializzare, e crescere in qualità con Verdi Fattorie”, aderiscono, nel marzo del 2010, decine di allevamenti di vacche e pecore e un partenariato che appare rassicurante, composto com’è da enti pubblici, associazioni di categoria e altri imprenditori privati.
Alla presentazione del progetto, il valore economico del medesimo risulta aggirarsi attorno ai 20 milioni di euro, per cui il finanziamento pubblico è all’incirca di 10 milioni. L’articolo fa i nomi di molti politici, locali, nazionali ed europei (link in fondo alla pagina), alcuni dei quali assai rilevanti, e di un docente universitario, sottolineando che, per procedere nell’operazione, l’azienda abbia dovuto aderire ad una confederazione del mondo cooperativo.
La vicenda prosegue con l’acquisizione – non si sa quanto lecita – da parte della cooperativa di un acconto di 2 milioni di euro, erogati dalla Regione Basilicata non appena gli allevatori iniziano a conferire il latte alla suddetta azienda. Alle prime sollecitazioni di pagamento da parte della base produttiva, la situazione inizia a puzzare di bruciato, con Cocina che prende tempo per pagare, asserendo che la Regione non ha ancora effettuato il versamento dell’acconto.
La storia si dipana attraverso un’infinità di colpi di scena: il “personaggio” pretende di ricompensare i fornitori con del mangime; gli allevatori iniziano a far pressione sull’assessorato regionale all’agricoltura, il quale replica con argomenti sospetti e inadeguati. È a quel punto che Cocina, incassato il congruo anticipo, lo mostra al mangimificio per confermare l’apertura della linea di credito, promettendo pagamenti che – a quanto pare – mai arriveranno al fornitore.
Ancora tanti i colpi di scena e i dubbi descritti dall’articolo (link qui, in fondo alla pagina) a cui a quanto pare nessuno avrebbe mai risposto. Il pezzo si chiude con una raffica di domande: sul ruolo della Regione Basilicata, su come 2 milioni di euro possano uscire da un ente come quello senza essere rendicontati, sul fallimento del mangimificio, a cui il “buco” di un milione di euro avrebbe fatto saltare il banco.
L’articolo si chiude con il quesito dei quesiti: è mai “possibile che Antonio Cocina abbia fatto tutto da solo?”. Noi ne aggiungiamo un altro: è normale che a 9 giorni dalla denuncia di Baslicata24 tutti gli altri media regionali e nazionali tacciano?
8 febbraio 2021
Basilicata24 / la scheda
Per intenderci meglio, e ad onor di cronaca, c’è da dire che il giornale che ha denunciato la vicenda – Basilicata24 – è una testata molto seguita, con oltre 37mila “seguaci” su Fecebook e che la medesima, presentandosi ai lettori, ci tiene a sottolineare che il suo è un “giornalismo col fiato sul collo del potere”, sottolineando poi di essere un giornale “libero”, di non avere “né padroni né padrini”, di non accettare “finanziamenti o contributi pubblici”, di non pubblicare “banner pubblicitari di multinazionali del petrolio” (il riferimento al mostro ecologico Total di Tempa Rossa è palese) e di non accettare “pubblicità a giochi, casinò e scommesse”. Un giornale tutt’altro che disimpegnato, quindi, fortemente attendibile.
L’articolo di Basilicata24 – Clicca infine sul titolo, per leggere l’articolo: “Basilicata. Le mucche, il latte e la beffa: storia di ordinaria lucanata nell’uso delle risorse pubbliche”