Il Piemonte del latte parla (male) inglese per dare l’assalto al mercato europeo

Magazzino di latte in polvere in una foto di repertorio – foto Mpk©

Il Piemonte della zootecnia intensiva lancia il suo guanto di sfida alle coop lombarde del latte e al loro progetto – annunciato due settimane fa nel cremonese – relativo ad un nuovo impianto di sprayatura del latte, per la realizzazione di prodotto in polvere destinato, più nelle intenzioni future che altro, al mercato cinese.

Se da una parte l’operazione lombarda è ancora alle prime mosse (l’inizio delle attività è stimato entro fine del 2022), dall’altra i protagonisti di quella piemontese hanno già avviato un’attività ben collaudata (nel 2009, per conto di Ferrero SpA di Alba). Stiamo parlando di In.Al.Pi. (Industria Alimentare Piemontese, azienda della pianura cuneese; nulla a che fare con le Alpi evocate dal nome, ndr) e Compral Latte (cooperativa di 250 soci conferitori e 5.200 quintali di latte al giorno, ndr), un binomio già forte di sinergie attuate con successo, e in fase di potenziamento, attraverso la creazione di un contratto di rete.

Latte in polvere In.Al.Pi., largamente utilizzato dall’industria ma anche da tanto artigianato alimentare, a partire ad esempio da molte pasticcerie – foto In.Al.Pi.©

In una recente comunicazione alla stampa, In.Al.Pi. ha indicato le rinnovate prospettive che le due aziende si sarebbero date, sottolineando che “se il concetto base è la filiera corta tracciabile e certificata, un ulteriore elemento costitutivo della filosofia che ispira il contratto di rete tra Compral e Inalpi è l’adesione a un modello di economia circolare in cui l’utilizzo delle energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni sono punti fermi”. Argomenti parziali, certo (non parlano mai di vacche chiuse a vita in stalla, né di come vengano nutrite, vale a dire prevalentemente con mangimi, ndr), su cui le due aziende cercano di portare la comunicazione locale e nazionale, per conseguire il necessario consenso.

E così, allo stesso modo in cui in Italia si può dichiarare di operare per il benessere animale semplicemente perché si è aggiunto un abbeveratoio in stalla (lo scoprì e denunciò la giornalista Sabrina Giannini in una stalla bresciana meno di un anno fa, e ne riferì nella trasmissione “Indovina chi viene a cena”, su Rai3), oggi si tocca il tema dell’energia greeen più per far contento il pubblico che per la sostanza, visto che – ci risulta – ne stanno già parlando allevatori che hanno installato l’impiantino fotovoltaico da 3kW appena.

Ad ogni modo, gli obiettivi dichiarati sembra che puntino a migliorare l’efficienza e la competitività produttiva, con un programma che guardando ai prossimi quattro-cinque anni permetta di raggiungere i “traguardi prefissati”, “lavorando sodo sulla strada della qualità”, continua il comunicato di In.Al.Pi., “della sostenibilità e del benessere di tutti gli attori della filiera, elementi imprescindibili per una crescita capace di portare benefici al territorio e alla nostra regione”.

Il logo lanciato da In.Al.Pi. e Compral Latte. Fortissima l’assonanza con il “Milk Pus”/“Got Pus” molto utilizzato da animalisti e vegani nel mondo di lingua anglosassone (vedi più in basso). Peccato anche per quella goccia rossa, che nell’immaginario collettivo – e non solo tra animalisti – “arriva” inesorabilmente come una stilla di sangue

Attraverso il contratto di rete le due realtà cuneesi intendono creare un sistema integrato che grazie alle sinergie tra i tessuti cooperativo e industriale dei due soggetti porti al lancio di “una sfida vincente, che ci consentirà di raccontare il prodotto, il percorso che compie, le sue proprietà, l’elevata qualità da cui è contraddistinto”.

L’attività non sarà orientata al solo mercato interno, ma verrà giocata su quello globale, vale a dire in Europa, e prevede il raddoppio dell’impianto di polverizzazione e l’incremento del latte trattato, che passerà da 5.200 ad 8mila quintali al giorno.

Fortissima l’assonanza tra la denominazione “Milk Plus” e il “Got Pus?” che a più di dieci anni dal lancio da parte dell’associazione statunitense Peta è molto utilizzato dagli animalisti di lingua inglese. Con esso certi movimenti sottintendono che le vacche di zootecnia intensiva sono spesso affette da mastite. Il rischio è che con la denominazione “Milk Plus” l’operazione piemontese presti il fianco a frizzi, lazzi e critiche spietate

 

L’inglese, una lingua (non) per tutti?
E proprio perché opererà al di fuori dai confini nazionali, al nuovo soggetto è stato dato – ovviamente – un nome in lingua inglese. Peccato però che delle tante possibili denominazioni la scelta sia caduta su un assai infelice “Milk Plus”, che tanta assonanza ha con il meme “milk pus” (“Got Pus?”) che larga parte del mondo animalista anglofono (e non solo) ben conosce e utilizza da oltre dieci anni.

E così, come se la scivolata fonetica non bastasse a prospettar un futuro con possibili ostacoli, qualcuno deve aver ben pensato di aggiungerne una grafica, corredando il logo con due gocce, una azzurra che – si sa – evoca il latte, e una rossa, che – portando a pensare però al sangue – offrirà chissà quanti altri spunti per lanciare critiche _ a ragione – sui temi della sofferenza animale.

8 febbraio 2021