Con una stampa sempre prona e pronta ad asservire e compiacere i grandi consorzi che ancora investono in promozione (molto spesso denaro pubblico), c’era da aspettarselo: anche stavolta una forma di Grana Padano ha preso il volo alla volta degli Usa, come cadeau destinato al presidente di turno, Joe Biden. E, ancora una volta una buona parte dei media italiani ne ha dato notizia, per quanto notizia non sia (lo sarebbe, come per il padrone che morde il cane, se Biden inviasse qualcosa ad un consorzio, ndr), né tantomeno novità.
A quattro anni di distanza dalla forma inviata a Donald Trump dallo stesso ente (quella volta con preghiera – poi caduta nel vuoto – di riconsiderare le sanzioni alla Russia che avevano innescato l’embargo dei prodotti agroalimentari dell’Ue), ecco che un altro messaggio viene ora inviato alla più alta carica politica degli Stati Uniti d’America.
Ancora una forma, ancora una richiesta, e ancora giornali (italiani, ovviamente) che ne parlano. Ma l’obiettivo stavolta è diverso, anche se il tono è il medesimo: quello di chi, parlando di qualcosa che riguarda anche altri (i dazi, ndr) perora la sua piccola, parzialissima causa – ben sapendo di ottenere più attenzioni in Italia che negli Usa – auspicando una possibile revisione della politica di quel Paese (figuriamoci!) in nome di un rapporto descritto come “amichevole” (come poter pensare che il Governo degli Usa abbia un rapporto con un formaggio?!?).
State a sentire: «Vogliamo celebrare con un piccolo gesto benaugurale», scrive il presidente del consorzio, Renato Zaghini, «l’insediamento del nuovo presidente degli Usa, Joe Biden, alla Casa Bianca, che auspichiamo ripristini l’eccellente dialogo da sempre avuto con un Paese (sic!), gli Stati Uniti, storicamente molto amico del Grana Padano e del made in Italy di qualità, venuto purtroppo un po’ meno negli ultimi anni».
L’indelicatezza con cui il rappresentante di una semplice realtà manifatturiera si pone nei confronti del Presidente di una delle maggiori potenze mondiali – rimarcando una critica alle scelte di un Governo come quello – è palese e imbarazzante. Beh, come se non bastasse, il direttore dello stesso ente, Stefano Berni, rincara la dose, dichiarandosi certo «che l’avvento di Biden segnerà un cambio di rotta rispetto alle politiche commerciali protezionistiche introdotte dal suo predecessore con l’applicazione di costosi dazi a danno dei nostri prodotti».
La “risposta” non si è fatta attendere, anche se altro non è stato che una semplice coincidenza, arrivata praticamente sincrona – lunedì 8 scorso – all’iniziativa del consorzio, e riferita da tutti i giornali (e da qualcuno in più, per fortuna) che hanno dato spazio alla forma di Grana per Biden, e riferisce che almeno per ora – e chissà per quanto – Biden rimarrà nel solco di Trump nei rapporti commerciali internazionali.
Quello che fa sorridere, riflettendo invece su una delle maggiori discontinuità tra l’attuale presidente Usa e il suo predecessore – su questione ambientale, produzioni ecosostenibili, cambiamento climatico e produzioni agroindustriali – è la chiosa finale del “direttore padano”: «vogliamo credere», ha aggiunto Berni, «che verrà riposta più attenzione verso oculate politiche ambientali, in linea con la filosofia del Grana Padano».
Detto da chi promuove e valorizza un formaggio prodotto con latte, sale, caglio – ma anche lisozima – fatto con latte di vacche alimentate a insilati di mais, c’è da sperare che nessuno alla Casa Bianca si preoccupi di leggere l’etichetta del formaggio in arrivo.
15 febbraio 2021