
Nonostante qualcosa sia cambiato negli ultimi anni – i maggiori controlli, le pene più severe, le campagne di sensibilizzazione rivolte agli allevatori – la strage continua. Ci riferiamo all’indecente mattanza che ogni anno falcidia molti – troppi – maschi indesiderati tra le specie lattifere. Un problema annoso, per contrastare il quale qualcosa è stato fatto negli ultimi due o tre anni, a seguito della crescente e sacrosanta indignazione, operata non solo dalle solite firme animaliste ma da molti media, con cronache assai crude e toccanti. Qualcosa, ma non abbastanza per convincere tutti i proprietari di bufale ad interrompere l’eccidio degli annutoli (i giovani maschi di bufalo, ndr).
Lunedì scorso, 8 febbraio, molti giornali della provincia di Salerno e in particolare della Piana del Sele, dove l’attenzione per il fenomeno è molto alta, hanno denunciato il ritrovamento su una spiaggia di Capaccio Paestum – zona ad alta densità allevatoriale dell’ennesima carcassa di un giovane esemplare bufalino di sesso maschile, il quinto negli ultimi dodici mesi in un tratto di litorale di circa due chilometri, in località Licinella, a cui se ne aggiungerebbero altri due segnalati nelle ultime ore sulle pagine social di gruppi animalisti locali.

L’eliminazione abusiva dei maschi indesiderati è da sempre un fenomeno carico di problematiche inerenti la sfera etica, ambientale e sociale di una zootecnia intensiva che per far quadrare bilanci sempre più critici (il costo dei mangimi cresce, il prezzo del latte scende, ndr) compie dei gravi reati, incurante dei crescenti rischi, delle denunce, delle pene detentive e pecuniarie, e della gogna mediatica a cui l’attività può essere sottoposta.
A differenza di quanto avveniva in passato, i responsabili del servizio veterinario si sono attivati nelle ricerche, che prevedono il prelievo del Dna di ogni carcassa, ai fini investigativi, e le successive verifiche per risalire agli allevamenti da cui quegli animali provenivano.
Nonostante gli sforzi condotti da tempo anche in Italia (qui un nostro articolo del 2010) e la maggior diffusione dell’inseminazione con seme sessato, il bilancio dei “maschi indesiderati” pesa su ogni azienda diverse migliaia di euro l’anno, nonostante le misure introdotte per far sì che detti soggetti vengano avviati, se non sul mercato della carne per alimentazione umana (la carne di bufalo è purtroppo e ingiustamente poco apprezzata, ndr), verso il poco remunerativo settore della mangimistica per animali d’affezione (cani e gatti).
A margine dell’accaduto va sottolineata la pressione esercitata da un’associazione animalista locale, che – come è avvenuto in passato – è tornata ad attaccare l’intero comparto con azioni di criminalizzazione condotte invadendo le città di adesivi e i social media con gli hashtag #lamozzarellauccide #lamozzarellainquina e #boicottalamozzarella. In un momento difficile come quello attuale, una generalizzazione non meno criminale di quella compiuta dai pochi barbari che ancora uccidono gli annutoli.
15 febbraio 2021
A tale proposito, sempre attuale, proponiamo la lettura di un documento – tutt’ora attuale, purtoppo – pubblicato dal SIMeVeP (Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva) nel 2018