Mentre il mondo reclama un maggior rispetto ambientale, per le attuali e le future generazioni, e un numero infinito di realtà produttive parlano, in Italia e all’estero, di sostenibilità delle produzioni zootecniche, spesso abusando non solo degli animali allevati ma anche di questo termine (non c’è sostenibilità che tenga se le bestie sono recluse e alimentate contronatura, come nella gran parte dei casi avviene), c’è ancora chi tratta i consumatori come un popolo di decerebrati, non-pensanti e idioti.
È il caso – a quanto pare – della Despar italiana, che nei giorni scorsi ha immesso sul mercato un latte come tanti – intero, uht, per di più microfiltrato – parlando di “tutto il buono della filiera italiana” , di “eccellenza” e di “latte secondo la tradizione”.
La microfiltrazione – che permette un prolungamento della durata del prodotto – è presentata ancora una volta come una prodigiosa “eliminazione delle impurità biologiche” e il trattamento – ad altissima temperatura – come un processo che “mantiene intatto il valore nutrizionale, le caratteristiche organolettiche e il gusto ricco e naturale del latte”. Come se gli uht potessero essere paragonati al latte fresco, come se non avessero il tipico sentore di “cotto”.
Il racconto si conclude, sul sito web dell’azienda, precisando tipologie (intero, scremato e parzialmente scremato), formati (da litro e mezzo litro) e confezioni (“nei nuovi pack riconoscibili per la grafica moderna e colorata e dotati di pratico tappo “apri e chiudi” che migliora l’utilizzo e la conservazione del prodotto”), sottolineando che “è 100% italiano (quindi?), ricco (di cosa?) e naturale (è un valore?) e parlando di una “qualità a lunga soddisfazione!”
Una descrizione un po’ sopra le righe – è evidente – per un latte come tanti, su cui due giornali – Distribuzione Moderna e Italia a Tavola – titolano in coro parlando di “gusto della natura”. Chissà cosa scriveranno, quando presenteranno dei latti d’erba o del fieno.
1 marzo 2021