L’estate del 2021 segnerà una ripartenza, per l’Appennino bolognese e per la sua economia, grazie all’intesa di centoventi realtà produttive che hanno stretto un patto e siglato un’intesa – attraverso una riunione online molto partecipata – per la creazione del locale Distretto biologico. Numeri importanti già alla prima mossa, visto che le aziende coinvolgibili nell’operazione erano centocinquanta.
L’ispirazione è arrivata guardando realtà simili, che stanno ben funzionando in altri territori d’Italia. E il progetto, aspetto non secondario, è stato presentato da chi ha esperienza in materia e credibilità da spendere: il presidente del comitato promotore Lucio Cavazzoni – già uomo-chiave di mercato, dalle origini di Alce Nero – e il presidente del Gal Appennino bolognese Tiberio Rabboni, che dal 2005 al 2014 fu assessore regionale all’agricoltura.
«La decisione di insediare un comitato promotore», ha commentato Raboni «si è rivelata vincente, come confermato dal vasto interesse suscitato da questo convegno. Va ora portato a termine il lavoro d’individuazione delle produzioni appenniniche biologiche di alta qualità e naturalità, ovvero il “cibo della salute”, e le azioni necessarie per sviluppare e radicare sul territorio le correlate filiere integrali».
Quello avviato sarà un progetto-pilota, strutturato su diverse aree d’intervento per cui – nei prossimi due o tre, in collaborazione con vari dipartimenti dell’ateneo felsineo – verranno definiti e scritti tutti i modelli produttivi e distributivi necessari, che verranno poi applicati nelle diverse vallate dell’Appennino.
Si va dalla rivalutazione delle tipologie evolutive di grani antichi alla promozione del latte fieno prodotto alimentando gli animali soltanto con foraggio, dallo sviluppo e dalla valorizzazione dei prodotti tipici dell’ortofrutta (come la mela antica “Rosa Romana”) e della viticoltura di montagna, sino alle castagne e all’apicoltura.
Nelle intenzioni dei suoi promotori, il Distretto biologico dell’Appennino bolognese LINK dovrà portare alla creazione di una rete che unisca produttori, agricoltori, istituzioni e commercianti per una nuova economia di montagna, innovativa e sostenibile.
«Il biodistretto», spiega l’assessore regionale a Montagna, parchi e forestazione, Barbara Lori, «rappresenta un’importante opportunità di sviluppo e valorizzazione delle produzioni e dei territori montani.
È un’occasione per costruire un volano di sviluppo sostenibile». «Purtroppo però esiste una situazione normativa complessa che dobbiamo superare a livello regionale – con norme ad hoc – nell’ottica di un’idea di sviluppo che tenga conto dell’importanza delle filiere biologiche e della loro integrazione con altre filiere connesse, come il turismo e l’artigianato».
«Le esperienze di altri biodistretti italiani», ha ribadito Cavazzoni, «hanno arricchito il progetto bolognese. Vogliamo aggregare buone intenzioni e buone pratiche per riportare valore in montagna, creando un’economia circolare su questi territori, che puntano così a diventare motore di prosperità per la comunità locale». «Le tecnologie digitali», ha concluso Cavazzoni, «consentono di avere competenze diffuse sul territorio senza obbligare le persone a concentrarsi in grandi centri di produzione».
8 marzo 2021