Quirra: richiesti appena 30 anni di reclusione per gli otto comandanti del poligono

Poligono militare
foto di repertorio – Pixabay©

È entrato nei suoi giorni più caldi, presso il Tribunale di Lanusei, il processo ai responsabili dei veleni di Quirra, che tanti danni e tanto dolore hanno portato alle comunità rurali di quei territori, ai pastori e alle loro famiglie, agli animali e all’ambiente.

Giovedì 9 è stato il giorno della requisitoria del Pm Biagio Mazzeo, che ha richiesto per i militari imputati – gli otto Comandanti che il Poligono di Perdasdefogu ha avuto dal 2004 al 2010 – la pena complessiva di 30 anni di reclusione, per “omissione aggravata di cautele”: 4 ciascuno per sei di essi, che avevano la responsabilità delle operazioni di terra e 3 per i rimanenti due, che comandarono unicamente le operazioni di mare.

Per il Pm Mazzeo «il disastro ambientale è stato reiterato nel tempo con immissioni nell’atmosfera di grandi quantità di sostanze tossiche, che poi si sono depositate sul terreno, sulle falde acquifere e sui fondali marini».

«Gli otto comandanti”, ha proseguito Mazzeo, “non solo hanno omesso le cautele quando erano in servizio ma non sono intervenuti con i successori affinché si prendessero provvedimenti». «Per questo motivo», ha aggiunto il Pm, «la prescrizione dovrebbe decorrere dal momento in cui è cessato il pericolo, ovvero dal 2011».

Poligono militare
Un’immagine del poligono militare di Perdasdefogu – foto tratta dall’Atlante italiano dei conflitti ambientali©

Venerdì 10 è stata la volta delle arringhe difensive di tre delle parti civili previste – la Regione Sardegna, le famiglie delle vittime e il Comune di Ulassai, nel cui territorio il poligono si trova – che hanno avanzato richieste di risarcimento danni pari a 5 milioni e 300mila euro complessivi (quattro per l’ente regionale, uno per i parenti delle vittime e la restante parte per il l’amministrazione comunale).

Il processo riprenderà domani, martedì 14 settembre, con altre richieste di risarcimento di ulteriori soggetti costituitisi come parti civili. La sentenza dovrebbe essere fissata per il mese di ottobre.

«Dal processo», ha sottolineato l’avvocato Gianfranco Sollai, che rappresenta l’associazione “Gettiamo Le Basi” e diverse famiglie delle vittime, «è emerso chiaramente che è sussistente il reato di disastro ambientale non solo nel perimetro del poligono ma ben oltre i confini in cui i militari esercitavano la loro attività, in cui sia nel suolo che nelle falde acquifere e nei fondali del mare, si sono depositate sostanze radioattive che hanno provocato danni permanenti e malattie e decessi per leucemie, linfomi e tumori rari».

Lo Stato non rispetta il mondo rurale e l’ambiente
La vicenda del Poligono di Quirra ripropone l’annosa questione di uno Stato colpevole di non considerare pressoché mai la presenza delle comunità rurali – che nei territori vivono e operano da sempre – ogni qualvolta si tratti di consentire l’insediamento di un’attività industriale inquinante (un esempio per tutti: l’Ilva di Taranto), di concedere terreni ad impianti per l’estrazione petrolifera (Eni a Viggiano, in Basilicata) o a basi militari (come nel caso di Ulassai), anch’essi altamente impattanti.

Ancora una volta la cronaca del nostro Paese ci offre spunti di riflessione attorno alla negazione sistematica dello Stato di Diritto e al particolare orientamento dei nostri Governi ad infierire sul mondo rurale e sull’ambiente.

13 settembre 2021

Chi voglia approfondire può consultare la scheda relativa al Poligono militare sperimentale di Salto di Quirra sull’Atlante italiano dei conflitti ambientali