Mafie dei pascoli: tre indagati in Trentino per le pecore mai partite

Pecore in alpeggio
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C’è chi parla di mafia dei pascoli, chi di ovini fantasma o alpeggi d’oro: poco cambia, alla base del fenomeno ci sono varie forme di truffa ai danni dell’Unione Europea, perpetrati da vari soggetti che attingono ai contributi comunitari destinati al pascolamento estivo, pur non avendone minimamente titolo.  Il fenomeno vede coinvolti in varia misura aziende più o meno fittizie, allevatori, società di comodo, commercianti di bestiame – a volte anche amministrazioni locali compiacenti – e stavolta anche un autotrasportatore.

Il fenomeno esiste da oltre dieci anni (clamoroso nel 2009 fu il caso dei fratelli Berasi, in Trentino), e qualcosa è stato fatto nell’ultimo lustro per contrastarlo, con scarsi e parziali successi, insufficienti a dissuadere i soggetti orientati all’illecito dal mantenere in vita tali fenomeni criminosi.

L’ultimo caso, su cui hanno operato i Carabinieri Forestali di Tivoli, riguarda alcune centinaia di pecore e il loro proprietario, un allevatore – ancora una volta un trentino – ma anche un veterinario locale e una ditta veneta di autotrasporti, che avrebbe dovuto caricare gli ovini in Val dei Mocheni (Valsugana) per condurli nel territorio di Vivaro Romano, al confine tra la Sabina e l’Abruzzo. 

L’indagine è partita dalla verifica operata sui telepass del trasportatore, che hanno rivelato come i suddetti itinerari non siamo mai stati effettuati dall’azienda. La Procura della Repubblica di Trento, coordinata dal pm Davide Ognibene, ha quindi aperto un fascicolo sulle ipotesi di falso e truffa aggravata, relativi a due episodi, avvenuti nel 2013 e nel 2014, rispettivamente per estorcere dai fondi comunitari 66mila e 113mila euro.

Il veterinario è accusato di aver redatto false documentazioni per il trasferimento dei capi; l’autotrasportatore di non aver effettuato i viaggi: per entrambi l’accusa è di concorso in truffa aggravata. 

Uno dei reati inizialmente contestati – quello di falso in atto pubblico – è stato derubricato in false certificazioni e il procedimento è stato trasferito al Tribunale di Rovereto, per l’accoglimento di un’eccezione di incompetenza territoriale presentata dai difensori degli accusati e accolta dal giudice del capoluogo.

In Trentino la vicenda ha creato di nuovo scalpore, riportando alla mente di molti la vicenda delle centottanta pecore arrivate dal modenese e morte, nell’estate del 2019, in un pascolo di Borzago, in Val Rendena

11 ottobre 2021