Quindici giorni e siamo punto e a capo. La situazione del latte dell’Alto Adige è più confusa che mai, ma un fatto eclatante è giunto a creare le premesse per ciò che vogliamo: il chiarimento e la trasparenza.
Beninteso sia – e lo sia anche ai diretti interessati – nessuno vuole danneggiare l’immagine di nessuno; nessuno vuole insinuare dubbi, ma è evidente che dove ancora un velo di protezione resiste, esso deve cadere, e deve cadere per il bene di tutti: sì del consumatore, che ha diritto di sapere come orientare le sue scelte, sì del sistema produttivo ed economico (che solo attraverso la trasparenza si rende credibile e affidabile) ma anche e soprattutto del singolo produttore, che deve essere valorizzato per ciò che produce, per come e dove lo produce.
Una farsa in più di quattro atti
Il fatto eclatante a cui ci riferiamo nell’incipit rappresenta il terzo atto di questa vicenda, che se fossimo a teatro sarebbe una farsa, e neanche di quelle troppo divertenti:
- Atto primo, martedì 22 settembre scorso, l’articolo in cui la redazione di Salto.bz riferisce di un’interrogazione parlamentare del deputato altoatesino Andreas Leiter-Reber, presidente del partito Die Freiheitlichen (“Il partito della libertà”) sulla trasparenza degli approvvigionamenti di latte da parte delle latterie provinciali
- Atto secondo, le richieste di precisazioni, una presentata alla redazione di Salto.bz dal presidente dell’Associazione casearia dell’Alto Adige, Joachim Reinalter – e da Salto pubblicata e commentata (e commentata) martedì 29 scorso – e una giunta a Qualeformaggio martedì scorso dalla direttrice della Federazione Latterie Alto Adige, Annemarie Kaser, pubblicata oggi, lunedì 11 ottobre, in un separato articolo di questo sito, nel rispetto della legge sulla stampa n. 47 dell’8 febbraio 1948
- Atto terzo, mercoledì 30 settembre, Salto dà notizia della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del decreto “Dichiarazioni obbligatorie settore latte e prodotti lattiero-caseari e latte bovino”
- Atto quarto, venerdì 8 ottobre, Salto pubblica alcuni documenti (di uno riproduciamo qui sotto un dettaglio) che dimostrano l’acquisto da parte di industrie dell’Alto Adige di latti provenienti da Austria, Germania e Belgio e tuona in prima pagina un articolo dall’essenziale titolo “Latte di montagna dal Belgio”. L’articolo precisa due cose sostanziali: che si conosceranno le regioni italiane in cui i produttori altoatesini acquistano, e che queste informazioni saranno pubbliche (accessibili ad utenti “qualificati” registrati sul portale del Sian – Sistema Informativo Agricolo Nazionale), finalmente.
Proviamo a tirare le conclusioni
È evidente che quella attuale sul Latte dell’Alto Adige è una “farsa” con almeno un altro atto da scrivere per giungere alla sua conclusione. Speriamo che esso coincida con il nostro sogno di trasparenza, e chissà che non converga con l’opportunità e l’interesse di chi in questo momento è sotto la lente d’ingrandimento (se proprio dobbiamo sognare, perché non sognare in grande?).
Che si sappia con certezza dove va a finire il latte di Belgio, Austria, Germania (in prodotti contoterzi sotto marchi della Gdo? altrimenti ci dicano dove) e dove il latte dell’Alto Adige (prodotti a marchio “Qualità Alto Adige”? sì, e dove ancora?) non è un fatto da poco. Ed è l’unica cosa che a noi tutti – ma proprio tutti, inclusi gli allevatori altoatesini, se non vogliono perdere di credibilità – sommamente interessa.
11 ottobre 2021
Il presente articolo vale (anche) come risposta alla richiesta di precisazioni pubblicata e ottenuta dalla direttrice della Federazione Latterie Alto Adige, Annemarie Kaser