Guerra del latte sfiorata in Alto Adige, per una mozzarella prodotta nel mantovano

Mozzarella da latte fieno
foto Mila©

Dopo il clamore suscitato a fine settembre e metà ottobre, con il caso del latte importato da Paesi stranieri, l’Alto Adige torna a far parlare di sé, suo malgrado, e ancora una volta è il sistema industriale ad essere messo in discussione. A differenza di quanto accaduto poco più di un mese fa, stavolta a catalizzare l’attenzione non è un editore propenso al giornalismo d’inchiesta (come la Cooperativa Demos 2.0, che pubblica Salto.bz, ndr), bensì la più alta carica del governo provinciale in materia agricola: l’assessore Arnold Schuler.

Schuler è dovuto intervenire in merito ad una competizione che rischia di destabilizzare i rapporti tra le latterie industriali, e per la precisione tra Mila-Bergmilch e Brimi, con la prima delle due che – a quanto pare – sarebbe entrata a gamba tesa nella produzione di mozzarelle (ha recentemente lanciato il suo prodotto da latte fieno, ndr), segmento di mercato in cui è da tempo leader locale la seconda.

Su questo, Schuler è intervenuto dicendo che «Non si tratta solo della mozzarella, ma anche di come l’industria lattiero-casearia locale dovrebbe procedere in generale», e convocando una prossima riunione a cui parteciperanno i vertici di tutte le aziende interessate, evidentemente per ritrovare equilibri che rischiano di essere perduti.

A renderlo noto, in un articolo intitolato “Die Milch-Aussprache” (traduzione letterale: “La pronuncia del latte”) è stato, giovedì scorso 4 novembre, il quotidiano altoatesino (in sola lingua tedesca, ndr) Tageszeitung Die Neue Sudtiroler (“Il Nuovo Altoatesino”).

A detta del quotidiano, che interpreta il sentire dell’assessore, Mila avrebbe oltrepassato una invisibile ma importantissima linea rossa: quella del “gentlemen’s agreement” esistente tra le aziende lattiero-casearie. La linea – ovvero il confine – del tacito accordo di non belligeranza per cui ciascuna industria si specializzerebbe in determinati prodotti per non entrare in competizione con le altre, mantenendo così remunerativo il prezzo del latte per gli allevatori.

“Perché”, si interroga il quotidiano, “Mila-Bergmilch sta seguendo questo corso conflittuale?” La risposta, secondo l’autore del pezzo – Heinrich Schwarz – è una e una sola: “Il più grande caseificio dell’Alto Adige ha da tempo un problema con il latte in eccesso. Non può trasformare tutto il latte consegnato in prodotti e quindi deve venderne una parte a basso costo. Mila-Bergmilch ora possiede uno stabilimento di mozzarella a Mantova e può quindi lavorare più latte da sola”.

I due caseifici lombardi di Mila
Sul caseificio di Mantova – la Bustaffa Emilio & Figli SpA – acquistato dalla Mila nel giugno 2020, è interessante leggere un articolo pubblicato il 14 ottobre scorso che lascia ben intendere quanto sia complicata la situazione nel suo complesso: in sostanza, nel 2010 Brimi acquistò anche il lodigiano Stella Bianca (ne parlammo, il 14 aprile di undici anni fa, ndr), poi un susseguirsi di vari incidenti di percorso, legati al fatto che gli stracchini, utilizzando il buon latte dei masi, risultavano invendibili in quanto gialli (per la presenza del betacarotene dell’erba/fieno, ndr).

Inoltre, secondo il Die Neue Sudtiroler, Mila-Bergmilch cercò, senza ottenere successo, una collaborazione con Brimi o persino una fusione. “Brimi”, spiega il quotidiano altoatesino, “è uno di quegli allevamenti (forse voleva dire “una di quelle industrie”) che acquistano latte aggiuntivo dall’esterno dell’Alto Adige per soddisfare la domanda di prodotto”, e poi aggiunge che “non si è mai realizzato un pool nazionale (intende dire provinciale, ndr) del latte con lo scambio di latte a prezzi equi, a vantaggio del latte di montagna di Mila”.

Ma quale guerra!? Ora Schuler vuole la “pace del latte”
In sostanza, ciò che l’assessore Schuler sta ora cercando di ottenere è di riportare calma in una situazione che si è evidentemente surriscaldata, per evitare che si verifichino danni all’intero sistema latte altoatesino. Se è vero com’è vero che nell’ambiente locale c’è già chi parla di “guerra del latte”, l’assessore guarda con determinazione avanti e col necessario polso cerca di instaurare una “pace del latte”.

Quale futuro aspettarsi quindi per il latte altoatesino? Verosimilmente il sistema industriale andrà di fatto verso un controllo operato dall’amministrazione pubblica locale, il solo soggetto in grado di ricomporre tensioni e far rispettare regole che – per quanto non scritte – sono e debbono restare imprescindibili e incontrovertibili. In gioco ci sono diverse questioni presenti e future: l’assegnazione dei contributi per gli investimenti effettuati dalle aziende lattiero-casearie, la sopravvivenza di un sistema di produzione fragile, composto da migliaia di famiglie con una media di quindici vacche per stalla e, non ultimo, l’immagine del “prodotto latte” altoatesino sul mercato nazionale.

8 novembre 2021