
Ancora due giorni e Lorenzo Biasi e Gianluca Fornasari, rispettivamente ex presidente e casaro – responsabile del piano di controllo – del caseificio sociale di Coredo, in provincia di Trento, torneranno alla sbarra degli imputati per la ripresa del processo a loro carico di cui il nostro giornale ha già riferito nello scorso ottobre.
Parte lesa è il geometra Giovan Battista Maestri, padre del bambino colpito da Seu (sindrome emolitico-uremica) per aver consumato nel giugno del 2017 il formaggio a latte crudo “Due Laghi”. A più di quattro anni di distanza dai fatti il quadro clinico del piccolo, affetto da insufficienza renale cronica grave e cecità, risulta molto compromesso.
Secondo la tesi accusatoria le imputazioni riguardano la violazione dell’articolo 5, lettera c della legge 283 del 1962 sulla “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, “per aver prodotto e immesso nel circuito commerciale prodotti caseari con cariche microbiche superiori ai limiti di legge (Stec ed escherichia coli)”, e “per non aver prestato la dovuta attenzione alle relative necessità di controllo”:
- per richiedere alla Trentingrana Concast le necessarie ispezioni sul campo, per la verifica delle condizioni igieniche delle aziende dei conferitori;
- per sottoporre ad analisi il formaggio Due Laghi, prodotto con latte crudo, per la ricerca di escherichia coli prima della sua immissione in commercio;
- per verificare il rispetto del periodo di stagionatura minima di 60 giorni prima della sua immissione in commercio, per l’abbattimento della carica batterica.
Tali imputazioni, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, gravano sulla condotta del Biasi, mentre al Fornasari viene contestata l’omessa richiesta delle necessarie analisi (per la ricerca di escherichia coli) e delle ispezioni (da sollecitare a Trentingrana Concast) igienico-sanitarie presso le stalle conferenti, ma anche per non aver provveduto, dopo l’evento sanitario, al ritiro cautelativo del prodotto (mancata attivazione del sistema Rassf).
Una ulteriore e non meno grave imputazione riguarda poi la presunta omessa ottemperanza alle disposizioni dell’Unità Operativa di Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria di Cles del 30 giugno 2017, che imponevano al presidente del caseificio di indirizzare un richiamo agli allevatori per invitarli alla necessaria pulizia e disinfestazione degli impianti di mungitura.
Questo particolare risulta aggravato dalla testimonianza, resa da un dipendente del caseificio ai Carabinieri nel 2019 – e confermata in udienza ai primi del giugno scorso – secondo cui il tubo dell’autocisterna per il prelievo del latte toccava sovente terra anche nell’evidente presenza di feci, per poi finire a contatto con il latte stesso nella vasca di raccolta. Con quel latte venivano poi prodotti sia formaggi a latte pastorizzato che crudo.
Il ruolo di Trentingrana Concast
Tra i testimoni che deporranno in aula mercoledì prossimo figura Alessandra Bertolini, responsabile qualità di Trentingrana Concast, il Consorzio dei Caseifici Sociali Trentini che per la prima volta interviene ufficialmente a processo. Sino ad oggi i dirigenti dell’ente consortile hanno scelto di mantenere un profilo pubblico molto basso sulla vicenda e in merito all’indagine, pur essendo il Caseificio di Coredo un suo consorziato.
22 novembre 2021