
Ci risiamo. Ancora una volta, a distanza di due anni dalla precedente, alcuni giornali – stavamo per scrivere “giornaletti”, ma in effetti alcuni sono ben noti, famosi – rilanciano la balla delle vacche che, dotate di visori VR, produrrebbero più latte e di miglior qualità. La novità che ha portato al rilancio della notizia, a quanto pare, consisterebbe nel fatto che la suddetta “soluzione tecnologica”, nata in Russia, sarebbe stata adottata da un allevatore turco.
Già all’epoca del nostro precedente racconto – correva il 3 dicembre del 2019 – trattammo la questione, attraverso un preambolo che metteva in guardia il lettore dai “venditori di fumo” (o, nella fattispecie, di visori per vacche), personaggi di cui il nostro mercato pullula, sempre pronti a proporre la soluzione “giusta” (giusta per loro), partendo dalle criticità del cliente. E dalla sua ignoranza e buonafede.
Una strategia antica ma sempre funzionante, quella dei mercanti mordi e fuggi – spesso travestiti da tecnici di settore – in un mercato che da sessant’anni pullula di operatori un po’ creduloni, sprovveduti, facili da raggirare, magari con argomenti impropriamente legati ad una presunta “zootecnia di precisione”.
Una strategia, dicevamo, che mira giammai a risolvere gli errori bensì a spostare l’allevatore da un problema ad un altro, o a cercare di portarlo ad averne due o tre di criticità o – perché no? – anche quattro (perché mai limitarsi ad una o poche?!), su cui ricamare le future vendite. Sempre che, così facendo, la vittima di turno non si veda costretta a chiudere i battenti.
I giornali tornano a occuparsi dei visori per vacche
Come due anni fa quindi, diversi media, in Italia e all’estero, stanno rilanciando una notizia fatta di niente, su una questione tecnica di cui nessun giornalista che non sia specializzato (nel settore lattiero-caseario, o in agronomia, zootecnia, veterinaria) può essere all’altezza di trattare l’argomento senza scendere nel ridicolo.
E così facendo, ne parlano giornali variamente tecnologici, come lo statunitense iTechPost o il nostrano Multiplayer, sicuramente scatenando una grassa ilarità in chi abbia competenze in materia. E ne scrivono anche i generalisti, talvolta con taglio minimamente critico (La Repubblica) o vagamente sorpreso o possibilista (Fanpage, Italia Oggi).
Tra tutti, la nomination per la peggior divulgazione possibile la conquista il nazional-popolare Corriere dello Sport che, abituato ormai a prendere cantonate anche trattando materie a lui proprie, decide di avventurarsi in terreni come questo, partorendo un articolo insuperabile in quanto a vacuità, luoghi comuni, errori e stupidità. Il titolo la dice assai lunga sui contenuti che attendono il lettore: “Mucche felici col visore: così producono latte più buono!”.
Al di là dei danni diretti e indiretti inferti da una tale comunicazione alla zootecnia da latte, un dubbio ci assale e riguarda proprio l’editoria: senza operare grandi investimenti, se domani certi giornali si astenessero del tutto dal trattare di argomenti non alla loro portata, la stampa non farebbe – senza colpo ferire – un enorme balzo avanti?
Se anziché pagare un articolo 2€, come spessissimo accade, commissionandolo a giovanotti senza arte né parte, ne pubblicassero di meno, affidandoli ai non pochi giornalisti rimasti senza lavoro, di certo si ridurrebbe il volume dell’informazione prodotta, ma si innalzerebbe la qualità.
Che poi, viste le analogie, è un po’ quel che noi tutti auspicheremmo per il mondo del latte: ridurre le rese per elevare finalmente i valori del prodotto. Senza visori di sorta.
17 gennaio 2022