Molte domande senza risposta nella vicenda che ha travolto Trevalli Cooperlat

Ispezione dei Carabinieri del Nas
foto Masaf©

A due settimane dalla deflagrazione della notizia riguardante la clamorosa adulterazione alimentare operata dalla cooperativa marchigiana Tre Valli Cooperlat, decine di giornali – locali e nazionali, specializzati e generalisti – continuano a pubblicare notizie sui molti sviluppi che la vicenda sta assumendo, dal richiamo di un prodotto dal mercato alla chiusura di uno stabilimento produttivo, dalle dimissioni del suo presidente alla class action operata dall’associazione Codici.

Per chi non conosca ancora i fatti, a fine aprile, a seguito delle denunce presentate da ex lavoratori dell’azienda, testimoni di condotte fraudolente sistematicamente esercitate da anni, le perquisizioni effettuate dagli agenti dei Nas e dell’Icqrf (Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi) presso lo stabilimento “Fattorie Marchigiane” di Colli al Metauro (una delle unità produttive della cooperativa, in provincia di Pesaro e Urbino) ma anche in una ditta del trevigiano e in un’azienda agricola marchigiana, avevano portato all’ingente sequestro di prodotti (90 tonnellate di latte con carica batterica sopra la norma e 110 tonnellate di derivati, per un valore di 800mila euro circa) e di sostanze chimiche (soda caustica e acqua ossigenata) detenute illegalmente. Ma anche di locali e infrastrutture aziendali.

A monte di tutto ciò c’è un’importante realtà produttiva che pur dando lavoro a centinaia di persone – principalmente (ma non solo) nella regione Marche – opera con produttori primari così mal attrezzati da non riuscire a garantire la salubrità della materia prima. Se è vero com’è vero che la carica batterica del latte si gestisce con le necessarie attenzioni e competenze e con attrezzature di base non sofisticatissime (mungitrici, tank e autocisterne refrigerati) e periodiche analisi della materia prima, appare sconcertante come la cooperativa non sia intervenuta su questi cruciali fattori ma abbia deciso di operare sistematicamente nella dimensione di una truffa compiuta sulla salute della gente.

Telefoni cellulari e computer diranno molto sulle responsabilità di azienda e singoli

In queste ultime due settimane di una storia che dura da anni, in seguito ai primi accertamenti, che hanno portato nove persone e tre società ad essere indagate, è sopraggiunto, venerdì 4 scorso, il sequestro dei dispositivi di telefonia mobile e dei computer utilizzati dagli indagati. Su questo fronte sarà cruciale – per chiarire architettura della frode, ruoli e responsabilità – il passo che si compirà domani, giovedì 9 maggio, quando dinanzi al Pubblico Ministero il consulente tecnico designato dalla Procura verrà incaricato di effettuare la copia dei dati contenuti nei dispositivi stessi.

Una frode dalle dimensioni eclatanti

Al netto degli ulteriori sviluppi che la vicenda avrà, e dell’interesse dei media che nel tempo andrà naturalmente scemando, risulta ancora poco e mal evidenziata la dimensione di una frode di cui percepiamo appena il suo esito contingente: a fronte delle 200 tonnellate di prodotto sequestrato nei giorni scorsi, quante migliaia di tonnellate di alimenti sono state vendute e consumate negli anni e con quale peso per la salute pubblica e la salute dei consumatori? E infine, trattandosi di un’adulterazione che si compie introducendo poche gocce di chimica in ragguardevoli volumi di latte, quale dimensione danno alla vicenda le 2,5 tonnellate (!) di soda caustica e acqua ossigenata sequestrati? 

8 maggio 2024