Si è concluso giovedì scorso, 5 settembre, il processo di appello che vedeva alla sbarra nell’aula-bunker del carcere messinese di Gazzi ben ottantanove soggetti implicati nell’organizzazione denominata “mafia dei pascoli tortoriciana”. Tutti gli imputati erano accusati a diverso titolo per ripetute truffe ai danni dell’Agea, che hanno portato all’indebito ottenimento di ingenti fondi comunitari destinati alla zootecnia estensiva.
La sentenza del processo d’appello ha sancito l’atto conclusivo dell’”Operazione Nebrodi”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia, che ha puntato i riflettori sulle truffe all’Agea su cui ruotavano gli interessi dei clan mafiosi tortoriciani.
Il dispositivo della sentenza, letto dal presidente della Corte di Appello di Messina Dr. Francesco Tripodi, ha portato alla parziale modifica della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Patti nel settembre del 2022. Sessantacinque le condanne ora inflitte, per un totale di trecento anni di reclusione, diciotto le assoluzioni e sei le prescrizioni. Il primo grado di giudizio aveva invece disposto novanta condanne per un totale di oltre seicentoquaranta anni di carcere, dieci assoluzioni e una prescrizione. I giudici hanno disposto anche numerose confische di imprese e somme di denaro.
Associazione a delinquere di stampo mafioso
La sentenza di appello ha così confermato l’esistenza di un’associazione a delinquere di stampo mafioso, con dei ruoli e una struttura gerarchica ben definiti. I giudici hanno riconosciuto l’esistenza di un’organizzazione criminale diffusa e radicata che fa capo ai clan mafiosi tortoriciani dei Batanesi e dei Bontempo Scavo. Una struttura che ha operato impunemente negli anni, danneggiando gravemente il territorio e l’economia locale.
Attraverso false dichiarazioni e manomissioni di documenti, i clan sono riusciti ad accaparrarsi fondi pubblici destinati al miglioramento dei pascoli e dei terreni agricoli, in un sistema criminoso che ha depredato le risorse pubbliche destinate alla zootecnia, colpendo seriamente il mondo degli allevatori, che da tempo immemorabile versa in una crisi che si fa di anno in anno più grave.
Il ruolo del Protocollo Antoci
L’inchiesta che ha portato alla condanna dei responsabili è stata possibile grazie al “Protocollo Antoci”, un accordo siglato tra il Parco dei Nebrodi e le forze dell’ordine per contrastare le infiltrazioni mafiose nel settore agricolo. Questo strumento si è rivelato fondamentale per smantellare il sistema criminale e recuperare parte dei fondi pubblici indebitamente sottratti.
Il Protocollo Antoci, che prende il nome dall’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, rappresenta un importante strumento nella battaglia contro le infiltrazioni mafiose nel settore agricolo e più in particolare nella gestione dei pascoli.
Il Protocollo Antoci è un accordo siglato tra diverse istituzioni, tra cui spiccano il Parco dei Nebrodi, la Prefettura di Messina e la Regione Sicilia. L’obiettivo principale di questo protocollo è quello di prevenire e contrastare l’infiltrazione mafiosa nel settore agricolo, in particolare nelle aree montane e rurali, dove le mafie hanno tradizionalmente trovato terreno fertile per le loro attività illecite.
Un segnale di speranza
Nonostante la gravità dei fatti acclarati, la sentenza sui Nebrodi rappresenta un segnale di speranza che merita di essere colto dal mondo degli allevatori. Dimostra che la giustizia funziona e che è possibile smantellare anche i sistemi criminali più radicati. È quindi importante continuare a lottare per la legalità e per la tutela del territorio, affinché i beni comuni siano utilizzati a beneficio degli aventi diritto.
Chi voglia consultare la lista completa di condannati, assolti e prescritti, può trovarla pubblicata sul quotidiano Tempo Stretto, cliccando qui.
11 settembre 2024