I crimini del passato affossano l’azienda: chiude i battenti Il Forteto

Veduta aerea dell’azienda agricola Il Forteto
foto Il Forteto©

Si chiude in maniera ingloriosa, dopo 47 anni di vita e un’infinità di vicissitudini, la storia della cooperativa Il Forteto di Vicchio, cittadina 40 chilometri a nord di Firenze, nel Mugello. La cooperativa, che negli Anni ’90 si era affermata per la propria produzione casearia, ha cessato di produrre ed è stata posta in liquidazione il 3 ottobre scorso. Rimangono aperti, sino allo smaltimento delle scorte di magazzino, il punto vendita e il bar aziendali.

Il peso del vecchio Forteto quindi, legato al ricordo degli abusi perpetrati per anni dal fondatore Rodolfo Fiesoli e dalla sua setta criminale sugli ospiti della comunità (vedi più in basso in questo articolo), è stato la palla al piede dell’attività economica della cooperativa, che negli ultimi mesi – tardivamente – aveva cercato di rimodulare la propria identità, cambiando denominazione in “Forte Mugello”, dopo aver tentato di coprire i gravi disavanzi finanziari, attraverso una serie di operazioni, come la vendita di una parte degli immobili.

L’assemblea dei soci, riunitasi per l’appunto giovedì scorso, constatato un indebitamento consolidato superiore al valore complessivo dell’azienda, ha deciso di porre la società in liquidazione.

Come spiegato dai responsabili della cooperativa, da anni il Forteto versava in uno stato di profonda crisi, avendo chiuso gli ultimi esercizi puntualmente in perdita. La chiave di lettura più accreditata narra di un’azienda che non è mai riuscita a superare il trauma delle note vicende giudiziarie (vedi nota in calce a questo articolo). A confermarlo sono i dati relativi al fatturato negli anni: prima della deflagrazione del caso relativo agli abusi sugli ospiti della comunità la cooperativa era giunta a fatturare sino a diciassette milioni di euro in un anno; dopo lo scandalo, il processo giudiziario e le condanne, poco più di nove per esercizio.

Ora, con la messa in liquidazione, i 45 dipendenti stanno per perdere il lavoro. In questi giorni si terrà un tavolo di crisi presso la Regione Toscana, che servirà a definire i dettagli prossimi futuri che accompagneranno il passaggio alla cassa integrazione.

Verosimilmente il caseificio – in grado di trasformare sino a cinque milioni di litri di latte – sarà destinato alla dismissione definitiva, mentre per il vivaio, il punto vendita e il bar, inseriti in un parco di rilevante valore ambientale, rimane accesa la fiammella di una possibile cessione a terzi. Cessione che aiuterebbe forse a salvare una parte dell’occupazione.

Il tempo però inesorabilmente stringe: a metà novembre il Ministero delle Attività Produttive nominerà un liquidatore, atto che introdurrà alla procedura fallimentare.

Il Forteto: oltre i formaggi e le utopie sociali, decenni di violenze contro i più deboli

Nata nel 1977 con l’intento dichiarato di creare una comunità dedita all’accoglienza di giovani sofferenti vari tipi di disagio, alternativa alla famiglia tradizionale, la cooperativa Il Forteto di Vicchio, in provincia di Firenze – affermatasi negli anni ’90 e all’inizio di questo secolo come produttrice di formaggi – si rivelò ben presto un luogo di violenze e sopraffazioni sessuali e psicologiche perpetrate su esseri umani fragili e indifesi ospiti della struttura.

Dietro la facciata di un progetto educativo innovativo e di un modello di “famiglia” alternativo, in grado si accogliere giovani disagiati o senza famiglia, si rivelò sin dai primi anni una realtà in cui gli abusi sessuali e le manipolazioni psicologiche erano al centro della scena, coperte da una rete di complicità politiche, dall’omertà e dall’elusione che per decenni ha permesso il perpetrarsi di questi crimini.

Fondata da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, la comunità mosse i primi passi presentandosi come un’oasi di pace e solidarietà, un luogo dove i valori dell’uguaglianza e della condivisione erano esaltati in maniera virtuosa. In realtà, all’interno del Forteto si instaurò nel tempo un clima di terrore psicologico, dove i più deboli, soprattutto i minori affidati alla struttura, erano sottoposti a violenze inaudite.

La “famiglia funzionale”, il modello educativo ideato da Fiesoli, si rivelò ben presto una squallida copertura all’opera sistematica della perversione. “Coppie” formate a tavolino, senza alcun legame affettivo, venivano incaricate di crescere bambini e adolescenti, spesso con storie di disagio alle spalle. Questi ragazzi, privati del calore familiare e sottoposti a un rigido controllo, diventavano facili prede per le manipolazioni di Fiesoli e dei suoi collaboratori.

La copertura e la complicità della politica, e non solo

Un ruolo fondamentale nella vicenda venne giocato dalle istituzioni: per anni il Forteto godette della protezione pressoché totale di politici, ma anche di intellettuali e professionisti che ne promossero l’immagine e ne difesero le azioni di facciata. Alcune componenti del Partito Comunista (e a seguire del PD) fiorentino in particolare, fornirono un appoggio determinante alla comunità, sostenendo le teorizzazioni del Forteto – dall’esempio di sperimentazione sociale all’impegno politico – senza mai occuparsi della tragica realtà perpetrata nel quotidiano dai carnefici sulle loro vittime.

La connivenza di una parte della classe politica permise al Fiesoli e ai suoi complici di agire indisturbati per anni, protetti da una densa cortina di omertà e complicità. Le denunce delle vittime furono a lungo ignorate o minimizzate, le indagini ostacolate.

Solo grazie al coraggio di alcune persone che decisero di venire allo scoperto denunciando la situazione, e a una serie di articoli apparsi via via sulla stampa locale e nazionale sin dai primi Anni ’90, la verità sul Forteto emerse sino a rendere la pressione insostenibile e l’intervento della magistratura inevitabile. Le condanne inflitte ai responsabili diretti (22 alla sbarra oltre a Fiesoli: qui le agghiaccianti 1040 pagine della sentenza, emessa il 17 giugno 2015 dalla Seconda Sezione Penale del Tribunale di Firenze) rappresentano una vittoria per la giustizia, ma non cancellano le sofferenze di chi ha subito quegli orrori. D’altro canto, l’assenza di alcun processo per i conniventi esterni – in primo luogo per i politici – rappresenta una delle peggiori colpe di cui il nostro Paese si sia macchiato nel suo recente passato.

9 ottobre 2024