
Ancora una volta accade – e dispiace dirlo – che l’attenzione per una notizia deflagrata con clamore, in quanto gravissima per la salute pubblica, scemi nel tempo sino a scomparire del tutto dalle pagine dei giornali. Il reato è accertato, i responsabili individuati, la giustizia fa il suo corso e – giunti al processo di appello – accade che la cosa sembri non interessare più. Beninteso, non alla gente, che – ne siamo certi – vorrebbe sapere, bensì agli editori, che per il mai troppo citato dovere d’informazione (parente stretto del più noto “diritto”, ndr) dovrebbero provvedere ad aggiornarci sullo sviluppo giudiziario di una così grave vicenda. E sul suo epilogo.
Ci stiamo riferendo alla clamorosa adulterazione alimentare che nella primavera scorsa venne compiuta all’interno della marchigiana Tre Valli Cooperlat, avvenimento di cui vi riferimmo puntualmente l’8 maggio da queste nostre pagine, per aggiornarvi poi il 4 settembre.
Per chi non conosca i fatti o li ricordi con poca precisione, a fine aprile agenti dei Nas e ispettori dell’Icqrf (Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi) sequestrarono in uno stabilimento del gruppo – Fattorie Marchigiane di Colli al Metauro – un quantitativo rilevantissimo di latte (90 tonnellate) e di prodotti derivati (110 tonnellate), in quanto oggetti di grave adulterazione alimentare. Assieme ad essi, furono requisiti ingenti quantitativi di sostanze chimiche – soda caustica e acqua ossigenata – che in maniera assai disinvolta venivano addizionate al latte, al fine di nascondere una carica batterica alle stelle.
Gli ultimi sviluppi della vicenda giudiziaria
Ad aggiornarci ancora una volta sugli sviluppi che la vicenda giudiziaria ha nel frattempo avuto è la redazione pesarese del quotidiano Il Resto del Carlino, che sabato scorso, 26 ottobre, ha dato notizia (“Tre Valli, inchiesta chiusa. Alcuni dei dodici indagati verso il patteggiamento”) della chiusura delle indagini.
Si avvia così adesso la fase in cui il pubblico ministero incaricato dovrà procedere alla richiesta di rinvio a giudizio: i dodici indagati avranno venti giorni dalla notifica della chiusura delle indagini per accedere agli atti in visione, per richiedere di essere ascoltati e per depositare memorie, documenti e fonti di prova.
Al momento si prevede che diversi imputati, sulla base delle informazioni che gli inquirenti hanno attinto da telefonini e computer, opteranno per il rito abbreviato, che garantisce la riduzione di un terzo della pena eventualmente inflitta.
Tra le altre evidenze emerse nel frattempo, riferisce Il Resto del Carlino, una delle più rilevanti riguarda la valutazione che un commercialista eletto dalla Procura della Repubblica – coinvolto in qualità di consulente – ha effettuato per determinare i valori della produzione fraudolenta e del mancato smaltimento della stessa. In funzione dell’ammontare stimato dal professionista – un milione e mezzo di euro – la Procura aveva richiesto il sequestro di un pari importo dalle disponibilità dell’azienda, vedendosi respingere però l’istanza dal Gip.
Per ogni altro dettaglio su questa vicenda giudiziaria vi rimandiamo alla lettura del suddetto articolo sulle pagine de Il Resto del Carlino.
30 ottobre 2024