
Ci sono la biodiversità e gli allevamenti caprini regionali al centro del progetto “Vene-to-Goat”, i cui risultati sono stati presentati sabato scorso, 22 marzo, nel convegno intitolato “Il mondo caprino: una comunità in evoluzione”, promosso dall’Arav (Associazione Regionale Allevatori del Veneto) presso il Centro Congressi Longarone, nell’ambito della fiera Agrimont 2025.
L’incontro, moderato dal direttore dell’Arav, Walter Luchetta, è entrato nel vivo con la relazione della Dr.ssa Silvia Magro del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse Naturali e Ambiente dell’Università di Padova: «La realizzazione del Progetto Vene-to-Goat», ha spiegato Magro, «è stata possibile grazie ad un team di soggetti che si sono affiancati ad Arav, al nostro Dipartimento al Caseificio Lattebusche e alle aziende agricole Aidi di Flavio Sartore, Grattanuvole, Facchin Luca e Gris Mattia».
«Gli obiettivi prefissati nell’anno di durata che si avvia a conclusione», ha proseguito Magro, «hanno riguardato l’aggiornamento dell’anagrafica delle capre da latte in Veneto, un’indagine sugli aspetti zootecnici, gestionali, manageriali ed economici relativi agli allevamenti di capre, l’individuazione dei punti di forza e di debolezza degli allevamenti esaminati. Tutto ciò per favorire una rete di connessione, informazione e trasferimento tecnologico tra allevatori, latterie, mondo della ricerca e tecnici».
Qualche cifra sugli allevamenti veneti di capre da latte
Gli 87 allevamenti caprini coinvolti hanno consentito di ricavare dati importanti: in particolare, è emerso che la consistenza media delle aziende va dai 50 ai 100 capi (nel 41% dei casi) e che gli allevatori con meno di 40 anni sono il 51%del totale, per lo più uomini (78%), con una componente femminile che merita crescente considerazione.
Punti di forza e di debolezza
Su questi e altri dati il Prof. Massimo De Marchi del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse Naturali e Ambiente dell’Università di Padova ha trattato i punti di forza e di debolezza che caratterizzano l’allevamento caprino in Veneto, mettendo in evidenza «l’importanza di una strategia inclusiva e sostenibile per il consolidamento di un settore emergente».
«Tra i punti di forza desumibili dalla lettura analitica dei dati», ha aggiunto De Marchi, «vanno sottolineati il buon numero di allevamenti con oltre 100 capi, il fatto che il 32% degli allevatori ha un’età compresa tra 26 e 35 anni, e il fatto che il 54% delle aziende possiede un caseificio aziendale e due elementi niente affatto trascurabili: l’immagine positiva dell’allevamento e dei prodotti caprini e la collocazione di molti allevamenti in territori strategici».
Bisogna lavorare sulle criticità
«A questi elementi positivi», ha proseguito De Marchi, “fanno da contraltare altrettante criticità: la difficile vendibilità del capretto da carne, che soffre la concorrenza del prodotto estero, il ridotto livello di management aziendale, l’assenza di piani di miglioramento genetico e la carenza di figure specializzate, come i nutrizionisti e i veterinari». «Punti di forza e criticità, vanno esaminati alla luce delle opportunità che il settore può assicurare. Occorre pensare alla presenza di professionalità e conoscenze, ai percorsi di formazione e di informazione che si possono sviluppare, al miglioramento del servizio di supporto tecnico, offerti da Arav su genetica, riproduzione, salute e benessere, alimentazione, qualità del latte e trasformazione. Infine, sara bene creazione una filiera per la valorizzazione della carne».
16mila i campioni esaminati
Sempre il Prof. De Marchi ha presentato i dati raccolti e confrontati dai ricercatori del proprio ateneo partendo dalle interviste alle aziende coinvolte, basati sui risultati dei controlli funzionali operati su più di 16mila campioni esaminati. Come previsto, con capre alimentate a unifeed la produzione aumenta in termini quantitativi (ma diminuisce qualitativamente, ndr) rispetto a quelle a cui vengono somministrati foraggi e concentrati.
«Analogamente», ha aggiunto il docente universitario, «svolgono un ruolo importante nella riduzione delle cellule somatiche il pre e il post dipping, nonché l’impianto di mungitura a lattodotto (che però implica qualche difficoltà in più nell’igienizzazione di condutture, gomiti, valvole, ndr), piuttosto che il tradizionale secchio. Altri accorgimenti orientati al benessere animale giocano un ruolo fondamentale: in particolare, gli spazi a disposizione per ogni capo, i raffrescatori, i rulli massaggianti e non solo».
Uno studio che non si ferma qui
Sulla scia delle rassicurazioni giunte dalla Regione Veneto, De Marchi ha precisato che il progetto avrà un seguito: «Dobbiamo lavorare allo sviluppo di più distinti ambiti», ha detto il professore, «per far crescere gli allevamenti di capre in Veneto. Dalla genetica e riproduzione, al razionamento e alle tecniche di allevamento, per proseguire con l’assistenza tecnica e veterinaria, con la qualità dei prodotti e – assolutamente da non dimenticare – con la formazione degli allevatori».
28 marzo 2025