
Otto persone sono state denunciate la settimana scorsa nelle provincie di Ancona e Macerata per una serie di gravi reati ambientali e corruzione, oltre che per per vari illeciti amministrativi. Sette di essi sono proprietari, amministratori e tecnici di quattro società – allevamenti, impianti di biogas, società di consulenza – mentre l’ottavo è un funzionario regionale, responsabile del rilascio delle autorizzazioni per la conversione di impianti da biogas a biometano.
3.800 tonnellate di liquami nel fiume
A loro carico sono state certificate varie infrazioni, la più clamorosa delle quali riguarda lo sversamento nel fiume Esino di tremilaottocento tonnellate di liquami bovini e di altri rifiuti in appena quattro mesi. A risalire alle attività illecite della banda, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, sono stati i Carabinieri Forestali di Ancona, che – in collaborazione con i colleghi di stanza ad Ascoli Piceno, Macerata e nel Parco dei Monti Sibillini – partendo dalle tracce di uno smaltimento illecito, hanno individuato le sue fonti, sequestrando un allevamento e tre impianti a biogas e biometano, oltre a più di 223mila euro provenienti da attività illecite.

Al contempo, i militari dell’Arma hanno ricostruito nel dettaglio l’architettura del malaffare, giungendo a smascherare anche il “colletto bianco”, accusato di corruzione al pari del responsabile di uno dei tre impianti. Quest’ultimo, a fronte di una ingente somma di denaro, avrebbe ottenuto dal tecnico regionale un’autorizzazione illecita riguardante proprio uno degli impianti a biogas.
Nella stalla sequestrata 200 bovini in più rispetto al previsto
Secondo quanto rivelato dai Carabinieri Forestali la stalla, sita nel Comune di Agugliano e ora sottoposta a sequestro, ospitava ben 500 bovini: 200 in più rispetto a quelli autorizzati. Come facilmente immaginabile le condizioni di vita degli animali erano ben oltre il limite della sostenibilità, come anche quelle igieniche e ambientali.
In una tale situazione anche gli impianti a biogas, situati nei Comuni di Agugliano, Camerata Picena e Polverigi, non erano in grado di sostenere il carico delle deiezioni prodotte, ragion per cui parte del digestato – e degli stessi liquami – venivano scaricati in alcuni affluenti del fiume Esino e sui terreni adiacenti, causando il grave deterioramento dei corsi d’acqua e uccidendo la fauna ittica presente. Per provvedere a ciò, i malviventi avevano posizionato delle pompe a immersione in bacini di accumulo prossimi agli impianti.
Per cercare di non dare nell’occhio, la banda azionava la pompa nelle giornate di pioggia, in cui il corso d’acqua era naturalmente più torbido per via delle precipitazioni stesse. Le prime analisi effettuate sulla falda acquifera dell’area hanno già confermato un sensibile aumento dei nitrati rispetto alle analisi effettuate nel 2013.
Gli obiettivi della banda e i numeri dell’operazione
Il quadro compiuto dell’attività investigativa traccia inequivocabilmente il motivo che è alla base dei reati commessi dai criminali: tanto per gli impianti che per la stalla si trattava di massimizzare il profitto ottenuto dal Gestore per i Servizi Energetici di riferimento. Senza considerare, ovviamente, né i danni ambientali prodotti né la qualità della vita delle bovine.
Mentre ci accingiamo a chiudere questo articolo, veniamo a sapere che tra molte attività operate dai militari dell’Arma in questa operazione sono state effettuate diverse perquisizioni – nelle sedi legali e negli studi degli indagati – nelle province di Ancona, Ascoli Piceno e Macerata. L’attività investigativa si è protratta per ben quattro mesi e ha coinvolto oltre quaranta uomini in divisa.
28 marzo 2025