A giudicare dai titoli dei giornali campani, e dalla blanda enfasi con cui la notizia è stata data al pubblico in questi giorni, il recente restyling dei tetrapak firmati "Centrale del Latte di Salerno" potrebbe sembrare una semplice operazione estetica, pur celando, a guardar bene, significati di ben altro spessore: dallo studio di design e marketing coinvolto nell'operazione (uno dei migliori che potessero essere ingaggiati), al ruolo degli allevatori, alle future strategie espansionistiche del produttore.
La presentazione, avvenuta lunedì scorso nella Sala del Gonfalone del Comune di Salerno, alla presenza del sindaco Vincenzo De Luca, del presidente della Centrale del Latte Ugo Carpinelli e del designer Pino Grimaldi dell'agenzia di comunicazione Blur è stata mirata a presentare il progetto di branding, parte visibile di un più ampio piano di iniziative di marketing che hanno concorso ad accreditare il marchio Centrale del Latte di Salerno come leader del mercato locale.
"Il packaging", spiega l'agenzia, "rappresenta l’immagine del prodotto ed è veicolo del brand che arriva a casa del consumatore ribadendo la propria presenza e generando fidelizzazione. Ed è per raggiungere questo scopo che si è dedicata un’attenzione così accurata alla progettazione". "Unitamente al design del pack del latte", proseguono alla Blur, "il progetto ha in programma la revisione di tutte le confezioni e conseguentemente l’immagine grafica di tutti i prodotti".
Il cambio del logotipo è stato realizzato grazie ad uno studio durato circa un anno, attraverso una metodologia di branding elaborata da Blur, impostata sulla strategia di accreditamento della marca che, nel corso degli anni, è stata estesa ormai a molti altri prodotti (novanta referenze circa). "Con i suoi ottanta anni di storia", è stato sottolineato nel corso della presentazione, "la Centrale del Latte di Salerno è uno degli attori dello sviluppo e dell’economia della provincia" costiera a sud del napoletano.
A guardar bene, i promotori dell'iniziativa hanno perso però l'occasione di trattare i due fattori sostanziali che sono alla base dell'operazione. Fattori che troppo spesso sfuggono in situazioni come questa: si presenta la nuova confezione, si parla di marketing e consumi, si sottolinea l'origine locale del prodotto (payoff "il nostro" sulle confezioni) ma ci si "dimentica" del ruolo dei fornitori della materia prima (gli allevatori) e del valore intrinseco della stessa (oramai dalle più parti svilita a semplice commodity).
Quindi, al di là delle strategie e di un "nuovo vestito" più o meno funzionali alle vendite, oltre le tecniche di persuasione del consumatore, sarà bene tornare a considerare il ruolo di chi il latte produce, la sua soddisfazione morale e materiale (il settore è in ginocchio, ormai in ogni dove, a causa di una remunerazione che si fa sempre più insufficiente, anche a causa degli aumentati costi di gestione delle aziende agricole) e il valore nutrizionale del prodotto.
Il latte, come da noi spesso ricordato, avrebbe valori nutrizionali nobili e utili all'organismo umano – dagli Omega3 al Cla, dal betacarotene alle vitamine – ma questo in via del tutto teorica e solo se lo si considera prodotto in una dimensione realmente rurale (in cui gli animali siano alimentati "all'antica", con foraggi polifiti e senza integrazioni che puntino più alla quantità che alla qualità).
Un'occasione questa per ricordare che l'industria del latte (intesa nel suo complesso), in questi quarant'anni di quasi-monopolio (chi ne sfugge? distributori di latte crudo e piccole realtà che mirano alla qualità reale), è riuscita a basare il suo potere d'acquisto sulla globalizzazione del prodotto: una volta creata la convenzione secondo cui lo si remunera per i soliti quattro valori (grassi, proteine, carica batterica e cellule somatiche) ogni fornitore vale l'altro, e quella dicitura che a volte compare "dagli allevamenti della nostra provincia" (o simile), vuota di ogni reale significato (se gli animali mangiano insilati e unifeed e non foraggio del territorio), oltre che sembrare una garanzia per il consumatore rischia di essere un mero argomento in più per convincere chi acquista di una superiorità solo presunta.
Infine, tornando al latte della Centrale di Salerno e stando a sentire quanto alcuni giornali hanno insinuato in queste ore, la prossima mossa di questa operazione potrebbe essere quella di puntare con forza al mercato napoletano e da lì a quello dell'intera Regione. L'impressione è che se ne vedranno delle belle.
22 settembre 2012