Catania non è Zaia: la mozzarella dop è salva

 Sino a pochi giorni fa la mozzarella di bufala campana dop era a rischio. Ieri a rischio, e oggi salva. O meglio lo è da mercoledì scorso, giorno in cui sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto con cui il ministro Catania – dopo le forti pressioni del consorzio di tutela – ha emanato nuove norme di attuazione della legge 205 del 2008, conosciuta dai più come “legge Zaia”. 

Il provvedimento contiene novità fondamentali che dovrebbero comportare un vero e proprio riassetto del comparto, ma se i dubbi ancora riguardano il peso che gli allevatori avranno nella filiera bufalina (invero fortemente subordinati agli interessi dei grandi trasformatori), una cosa è certa: i caseifici non saranno più costretti (era questo l’obbligo introdotto dalla legge Zaia 205/2008, che tanto scalpore aveva destato, e che sarebbe dovuto entrare in vigore dal 1° luglio prossimo) ad avere due linee di produzione distinte per prodotti bufalini dop e “non dop”, ma saranno obbligati a lavorare unicamente latte della zona di origine. Come in teoria sarebbe dovuto sempre accadere.

Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop (foto consorzio)

Il nuovo decreto accoglie quindi una parte delle richieste già presentate dal consorzio di tutela nell’autunno del 2011, obbligando i produttori ad acquistare esclusivamente latte di bufala proveniente dall’area dop, per qualunque prodotto intendano realizzare (dop e “non dop”, appunto). E «così il governo risponde finalmente di “sì”», commenta soddisfatto il presidente del consorzio di tutela, Domenico Raimondo «alla nostra proposta sulla provenienza esclusiva del latte dal territorio della dop, contenuta nella bozza di modifiche al disciplinare che da un anno e mezzo attende l’approvazione delle istituzioni interessate».

 

«In questo modo», prosegue Raimondo, «si rafforza il marchio dop, s’innalza la qualità del prodotto, si assicura la tracciabilità totale e non si costringono i nostri allevatori a morire. Ringraziamo il governo e il ministro delle politiche agricole, Mario Catania, per aver compreso appieno il nostro appello».

 

Per il direttore del consorzio Antonio Lucisano «ora si apre una nuova fase per la mozzarella di bufala campana dop: con le nuove regole siamo di fronte a innovativi scenari di produzione e di mercato. Con l’obbligo di utilizzare solo latte dell’area dop, il nostro auspicio è ora che tutto il latte dop possa essere trasformato in mozzarella dop, con prospettive di crescita, dunque, ancora tutte da esplorare». 

 

C’è da rallegrarsi, certo e finalmente, per l’esito della vicenda: per i consumatori che credono nelle maggiori garanzie dei prodotti a marchio di protezione, per buona parte del mondo della ristorazione (quella che – nonostante tutto – continua a scegliere la dop), per gli stessi allevatori locali, oltre che per i responsabili del consorzio e per i trasformatori in primo luogo. Il passo avanti è quello giusto, ma attenti a non abbassare la guardia, perché il problema rimarrà invariato e sarà quello di sempre: la tracciabilità e le frodi, e quindi si riveleranno decisivi i controlli e le sanzioni, che dovranno saper incidere domani più di ieri. Per scongiurare le attività illecite dei soliti furbetti, che non mancano mai, servirà autorità e autorevolezza, determinazione e pochi scrupoli, per colpire chi merita di essere colpito, piccolo o grosso che sia, ininfluente o influente sulle economie dei loro territori, e non solo. Per evitare situazioni come quelle viste in passato, quando ad un ridotto numero di capi (migliaia e migliaia, abbattuti per brucellosi), il latte, e con esso i livelli produttivi, si erano inspiegabilmente innalzati.

 

D’altro canto, e nel frattempo (nella stessa giornata di mercoledì scorso), il consigliere per l’agricoltura della Regione Campania, Daniela Nugnes, ha comunicato che «nei prossimi giorni verrà approvata in Giunta una delibera per la trasparenza nella filiera bufalina; il nostro obiettivo è quello di mettere a regime un sistema di tracciabilità totale, al fine di garantire la leale concorrenza del mercato, la sicurezza dei consumatori, ma soprattutto la trasparenza, la reputazione e la credibilità di uno dei comparti chiave dell’economia regionale. Non dobbiamo dimenticare che nella  nostra regione si trova circa il 74% del patrimonio bufalino nazionale».

 

«L’intento», ha aggiunto la Nugnes, «è quello di utilizzare, anche per la filiera bufalina, e in particolare per quella della mozzarella di bufala campana dop, la specifica piattaforma informatica, presente presso l’Orsa (Osservatorio Regionale per la Sicurezza Alimentare), attualmente in fase di collaudo, che gestisce la tracciabilità e la rintracciabilità dei sistemi agroalimentari regionali. Per garantire il monitoraggio e il costante dialogo sul tema», ha proseguito, «è stato istituito – presso l’assessorato – un tavolo tecnico a cui partecipano le organizzazioni professionali agricole Confindustria, Confartigianato, Cna e Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop. Questo tavolo tecnico continuerà ad operare in sinergia con la struttura regionale».

 

«Ovviamente», ha poi aggiunto la Nugnes, «visto che la mozzarella di bufala campana dop viene prodotta per il 7% nel basso Lazio e per l’1% tra Foggia e Venafro  proporrò agli assessori all’agricoltura delle altre regioni coinvolte (Lazio, Puglia e Molise, ndr) di aderire al nostro sistema di tracciabilità di filiera e al Ministero per le Politiche Agricole e Forestali di modificare la normativa vigente perché venga esteso all’intero territorio nazionale l’obbligo per tutti gli operatori della filiera lattiero casearia bufalina di aderire ad un sistema di tracciabilità anche utilizzando la piattaforma informatica presente presso l’Orsa».

 

28 aprile 2013