L’Università della Tuscia impegnata a studiare le criticità del Grana Padano

Università della Tuscia – Chiostro del rettorato – foto di Stefanoacetelli© – Creative Commons License

Per quanto venduto in volumi ragguardevoli su tutto il territorio nazionale, per quanto leader dei formaggi Dop esportati in tutto il mondo, il Grana Padano è al centro di un progetto di valorizzazione promosso dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e affidato all’Università della Tuscia, progetto denominato di “Valorizzazione della produzione del Grana Padano Dop tramite il controllo di filiera e l’ottimizzazione dei processi produttivi – Filigrana”.

L’obiettivo generale del progetto, come sottolineato dal sito web dell’università viterbese, è quello di “sviluppare e approfondire le conoscenze sui fattori alimentari e climatici che influendo, direttamente o indirettamente, sulle caratteristiche tecnologiche e fermentative del latte e sul contenuto di spore lo rendono più o meno suscettibile allo sviluppo di difetti (gonfiore)”.

 Gli obiettivi che la ricerca intende perseguire sono:
– la caratterizzazione delle aree del comprensorio di produzione del Grana Padano dal punto di vista climatico e delle caratteristiche dei foraggi coltivati;
– il miglioramento della conservazione dei foraggi in termini di qualità nutrizionale, sanitaria e microbiologica attraverso l’impiego di diverse tecniche e strategie agronomiche;
– il controllo e il contenimento dello sviluppo e della presenza di spore di clostridi nel terreno, negli alimenti, nel digerente (feci) e nel latte, in relazione alle condizioni climatiche (stress da caldo);
– lo studio degli effetti climatici delle stagionalità sulla dinamica di sviluppo dei clostridi (numero di spore, rapporto tra specie, ceppi di clostridi) a livello gastrointestinale;
– la valutazione dell’effetto delle condizioni climatiche (stress da caldo in particolare) e della stagione sulle caratteristiche qualitative del latte prodotto nell’area del Grana Padano Dop.

Il professor Umberto Bernabucci, docente di Nutrizione e alimentazione animale presso il Dafne (Dipartimento scienze e tecnologie per Agricoltura, Foreste, Natura ed Energia) di Viterbo e grande esperto di qualità del latte industriale è il responsabile di questo studio che punterà alla definizione delle migliori modalità operative per la produzione di latte e per la sua trasformazione in Grana Padano senza utilizzo di lisozima, nel rispetto delle caratteristiche zootecniche ed agronomiche che caratterizzano l’areale di produzione (quindi senza escludere la criticità dovuta agli insilati) ed escludendo – a quanto pare – ogni eventuale modifica del disciplinare di produzione.

Gli obiettivi specifici che lo studio si pone coinvolgono tutti i settori d’interesse della filiera produttiva, da quello agronomico  e zootecnico a quello biometrico informatico, passando per quelli tecnologico, biochimico e microbiologico, relativi al processo di caseificazione.

In particolare, dal punto di vista agronomico e zootecnico verranno valutate le modalità per ottimizzare le condizioni di caseificazione, con l’obiettivo di ridurre il rischio di contaminazione da parte dei clostridi del latte; per ciò che concerne l’aspetto microbiologico e tecnologico si studieranno le modalità per la riduzione del rischio di gonfiori e per la massima valorizzazione delle popolazioni microbiche utili al corretto processo di caseificazione e di maturazione del formaggio. Dal punto di vista merceologico ed economico verrà valutata l’incidenza di tecniche che escludano l’uso di additivi ad azione antibiotica.

A detta degli stessi ricercatori dell’Università della Tuscia lo studio offrirà l’opportunità di approfondire le conoscenze sull’alimentazione delle bovine e sui fattori climatici che influiscono – direttamente o indirettamente – sulle caratteristiche tecnologiche e fermentative del latte e sulla presenza in esso di spore che lo rendono suscettibile a difetti come il gonfiore che sono dovuti alla presenza di clostridi (Clostridium tyrobutyricum, Cl. butyricum e Cl. sporogenes).

I compiti fondamentali che i ricercatori si porranno saranno quelli di caratterizzare le aree di produzione del Grana Padano dal punto di vista climatico (verranno analizzate le condizioni del periodo caldo e le variabilità del clima, per comprendere gli effetti che queste comportano sulla qualità del latte e del formaggio) e quello di approfondire le caratteristiche dei foraggi e degli insilati destinati all’alimentazione delle bovine. Inoltre dovrebbero essere anche messi a punto metodi innovativi per migliorare le condizioni di conservazione dei fieni e degli insilati, con l’obiettivo di prevenire le contaminazioni responsabili dei difetti di gonfiore del formaggio.

5 maggio 2013

9mila forme distrutte in un crollo – Sempre a proposito di Grana Padano, la rassegna stampa della settimana ci porta a conoscenza di un curioso incidente che avrebbe visto la distruzione di 9mila forme in un sol colpo (di certo un record!); nei locali di stagionatura della Lattebusche, a San Pietro in Gu, nel padovano. Terremoti non ce ne sono stati, per fortuna, ma, a quanto pare, una scaffalatura sarebbe caduta su un’altra che sarebbe caduta su un’altra, che sarebbe caduta su un’altra e così via sino a far fuori tutto quel popo’ di roba (che verosimilmente l’assicurazione rimborserà al caseificio). Caso talmente insolito che, messo assieme all’articolo in lavorazione, ha dato spunto alla nostra redazione per la vignetta che lo illustra