Ci sono notizie così clamorose, per quanto settoriali, che corrono tanto veloci (sui giornali, in tv e sul web) da apparire bruciate dopo poche ore a chi – come noi – fa informazione con cadenza settimanale. Accade in genere nei casi delle più clamorose frodi o delle emergenze alimentari, l'ultima delle quali ha portato alla ribalta nei giorni scorsi tonnellate di latte prodotto in Friuli-Venezia Giulia e da lì consegnato in mezza Italia, col suo carico di tossine cancerogene (che tali rimangono nei prodotti derivati, come il formaggio) e di insidie per milioni di ignari consumatori.
Una vicenda talmente eclatante e talmente in risalto sui media che dopo poche ore aveva portato la nostra redazione alla grave decisione di non passarla, per il semplice motivo che dall'esplosione del caso (giovedì scorso 20 giugno) alla nostra prima pubblicazione raggiungibile – oggi, 24 giugno – sarebbero intercorsi ben quattro giorni, che per un settimanale sono davvero un'enormità di tempo.
Poi invece è accaduto che, come in un vaso di vetro in cui sia stata appena versata dell'acqua limacciosa, ci è parso di scorgere, man mano che il fango si depositava sul suo fondo, un'insolita quanto sorprendente trasparenza. Perché di aflatossine nel latte si parla da mesi, oramai (leggi qui), e perché il problema alla base di questa vicenda (la contaminazione di molti mangimi, innanzitutto del mais ad uso zootecnico, a causa della siccità della scorsa campagna agricola, ndr) è talmente generalizzato, in Italia e in Europa tutta, che l'insidia, a guardar bene, sarà verosimilmente in molti altri latti in commercio passati, presenti e futuri.
Detto questo non può non apparire come anomalo che di casi del genere in Italia ne sia saltato fuori uno solo e solo adesso, mentre all'estero se ne sono già contati a decine negli ultimi mesi. E infine, sarà forse una coincidenza se questa pesantissima notizia è giunta nel giorno dell'ultima chiamata utile fatta allo Stato italiano dalla Commissione Europea sulle quote latte? Vale a dire che se il nostro Governo non riuscirà a convincere gli allevatori più recalcitranti (molti dei quali aderenti ai Cospalat del Nord Est) a versare quanto dovuto, Bruxelles avvierà una procedura d'infrazione di entità disastrose per il nostro Paese (oltre 1,4 miliardi di Euro; leggi qui e qui).
Che siano solo coincidenze, accadimenti influenzati da convergenze astrali negative (tutto può essere), o qualcos'altro, a noi poco interessa (oltre la massa di italiani non-pensanti, ognuno si farà una propria idea). Perché tutto lascia pensare che un leader storico dei Cospalat in prigione adesso (la sola tra sette persone sottoposte a misure restrittive è Renato Zampa, costretto in carcere con le imputazioni di associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio, adulterazione di sostanze alimentari e commercio di sostanze alimentari pericolose per la salute: leggi qui e qui), possa tornare "utile" proprio in questi giorni come deterrente. Se non per tutti, almeno per una parte degli ostinati ribelli che di multe non ne vogliono (o meglio non ne vorrebbero) sentire neanche parlare. Mentre qualcuno degli allevatori già parla di questa vicenda come della mela in grado di far maturare i cachi, sono pochi, pochissimi (eccone qui uno, e se ne trovate un altro segnalatecelo!) i giornali che si sono rammentati dell'irrisolta faccenda dell'anagrafe bovina nazionale taroccata (chi non ricordi le vacche ottantenni registrate dall'Iszn di Teramo e le non poche zone d'ombra in Agea su questo segreto di Stato in salsa italiana può rinfrescarsi la memoria leggendo le nostre cronache qui, qui e qui).
Mentre Zampa e gli altri sei avranno di certo poco, pochissimo da ridere, l'impressione è che di qui a breve ne vedremo delle belle. Nella speranza che al latte e ai formaggi a rischio tossine (stavolta è "toccato" al Montasio, con oltre mille forme "tossiche", a quanto pare tutte sequestrate) ci pensino più e più controllori in giro per l'Italia e non solo in certe strane giornate di convergenze astrali. E che davvero si faccia qualcosa per evitare che esso e i prodotti derivati a rischio giungano sulle nostre tavole.
Nel mentre in cui gli enti preposti alla tutela della salute pubblica si organizzeranno per darsi da fare davvero e nel concreto (quanti controlli sui latti? possibile solo un caso di contaminazione da aflatossine, viste le premesse di cui sopra?), pensiamoci ognuno per sé a evitare rischi. Come fare? Semplicemente preferendo i formaggi prodotti da animali al pascolo, perché le insidie, come si è ben capito, sono – quando più, quando meno – nei mangimi e negli allevamenti più intensivi e industriali.
24 giugno 2013