Non c'è stata sosta, quest'estate all'attività investigativa, delegata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere al Corpo Forestale dello Stato, nell'ambito dell'accertamento della qualità e salubrità degli alimenti prodotti con latte di bufala. Dopo il sequestro del maggio e giugno scorsi di ottocento bufale affette da brucellosi all'interno di tre allevamenti del casertano, altri millecentododici animali hanno subìto lo stesso provvedimento il 6 agosto, nella stessa provincia e su disposizione dello stesso tribunale, stavolta in quattro stalle di altrettante aziende (i cui titolari rischiano dai sei mesi ai cinque anni di reclusione).
Anche questa volta gli agenti forestali hanno riscontrato il medesimo illecito, vale a dire il tentativo di coprire la grave patologia (a chi si spertichi per dire che i prodotti non sarebbero nocivi per chi li consumasse, va risposto che i lavoratori di queste aziende rischiano la propria salute, subendo il ricatto del posto di lavoro, ndr) con la somministrazione di massicce dosi di vaccino, pratica fraudolenta tesa a occultare la presenza della malattia infettiva durante i controlli sanitari.
Questo espediente illegale è finalizzato, nell'intento della malavita, a evitare l'abbattimento degli animali infetti, secondo il programma di eradicazione della malattia stabilito dall'Unione Europea. La "conseguenza dell'espediente utilizzato dagli allevatori", sottolinea il Corpo Forestale dello Stato in una nota stampa, "è il passaggio del batterio vivo della brucella dall'animale al latte prodotto, con evidente pericolo di contaminazione anche per il consumatore".
Il sistema criminale, finalmente smascherato, favorisce la permanenza del batterio negli allevamenti e negli altri luoghi di lavorazione del latte infetto, con conseguente pericolo di contaminazione per gli operatori che manipolano il latte prima della pastorizzazione.
L'attività investigativa, denominata dalla polizia giudiziaria "Operazione Bufale Sicure 2", è stata condotta dagli agenti del Comando Provinciale di Caserta e del Naf (Nucleo Agroalimentare e Forestale) di Roma, sotto la direzione della Procura della Repubblica.
L'indagine del Corpo forestale dello Stato ha fatto emergere ancora una volta che il vaccino era stato somministrato agli animali (dei quali alcuni trovati affetti appunto da brucellosi) in età adulta, nonostante l'Ue limiti, e solo in alcune zone del Sud Italia, la somministrazione di vaccino alle bufale tra i sei e i nove mesi, e con il rispetto dei protocolli sanitari.
"Doppio è stato il danno perpetrato dagli allevatori", prosegue la nota del Corpo Forestale, "sia alla salute, sia all'economia. I titolari degli allevamenti, infatti, non solo nascondevano la malattia infettiva delle bufale, eludendo i controlli messi in atto dalle autorità sanitarie territoriali e nazionali a partire dall'anno 2000, ma, dopo aver sfruttato fino allo stremo gli animali per ricavarne quanto più latte possibile, procedevano al loro abbattimento al solo scopo di percepire i contributi previsti dall'Unione Europea".
Anche in questa seconda operazione si è rilevato prezioso l'ausilio specialistico dell'Istituto Zooprofilattico di Teramo, centro di eccellenza e referenza nazionale di rilievo europeo per la prevenzione della brucellosi, che sottoporrà le bufale sequestrate a uno speciale protocollo operativo. In attesa di "visitare" queste oltre mille bufale, le prime ottocento – oggetto del precedente sequestro – sono state sottoposte ad un'ulteriore verifica del siero sanguigno da parte dell'Asl territoriale, come disposto dal Ministero della Salute. Questi esami hanno dato riscontri positivi, confermando il preoccupante contesto illegale già accertato.
A quanto ammesso ufficialmente dal Corpo Forestale, "si ritiene che l'illegale pratica di somministrazione del vaccino in età adulta avvenga in modo frequente in numerosi altri allevamenti del casertano".
Contromisure insufficienti
In questo contesto di grave e diffusa illegalità e nel tentativo di dare al sistema bufalino degli strumenti di controllo e repressione degli illeciti, a garanzia e tutela dei consumatori e dei molti allevatori e caseifici onesti, la Regione Campania sta cercando di dotarsi di un nuovo sistema di tracciabilità della filiera bufalina.
Ne ha dato notizia l'assessore regionale all'agricoltura Daniela Nugnes, dopo che la delibera da lei stessa proposta era stata approvata dalla Giunta. Una delibera che pur puntando ad estendere a tutti gli operatori della filiera la richiesta di aderire a un sistema di tracciabilità per garantire la sicurezza del consumatore, ha nella impossibilità di imporre tale misura il suo maggior punto debole (l'adesione è facoltativa, ma la lista dei non aderenti potrebbe tornare comoda, se solo si volesse, ai fini ispettivi, per non dar tregua alle aziende "sospette").
Il sistema di tracciabilità dovrebbe adottare delle metodologie di analisi all'avanguardia, come il Dna barcoding del bufalo (gestito dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno), un codice a barre genetico, per ogni singola razza di bufalo, campionato attraverso l'esame di pelo, sangue e cagliata. Si potranno così identificare le razze e depositare le relative informazioni genetiche, per individuare eventuali presenze di latte non prodotto nell'area individuata, per fare in modo che la mozzarella di bufala sia davvero Dop.
La Nugnes ha spiegato che la tracciabilità del latte «è necessaria per evitare la presenza del furbetto di turno». Però, ha evidenziato con molta onestà, che «l'unica pecca per un sistema che potrebbe sembrare perfetto, è la non obbligatorietà». Vale a dire che non si potranno obbligare gli imprenditori del settore a dotarsi del sistema di tracciabilità e questo perché «non è competenza della Regione, che non può intervenire con una legge». «È un sistema volontario", ha precisato l'assessore, "ma noi lanciamo un segnale: vi diamo un sistema e chi non aderisce deve giustificare perché non convinto dal sistema a carico di chi non sceglie».
Ultima notizia di rilievo, di lunedì scorso, è quella secondo cui il MiPAAF avrebbe spedito i Nas nel casertano, per far sentire che il giro di vite è solo all'inizio. Speriamo che il ministro, che ha dimostrato a parole la sua personale fiducia sui prodotti della filiera bufalina, voglia intervenire di fatto in questa criticissima situazione.
2 settembre 2013