Volge verso le battute conclusive il processo contro la banda che riciclava i formaggi scaduti di molte industrie italiane, recuperando e fondendo prodotti spesso contaminati da deiezioni animali, per poi immetterli nuovamente sul mercato.
La vicenda, che ebbe origine cinque anni fa a seguito di una lunga attività investigativa dei Nas, fu accompagnata da un grande clamore sia per la crudezza delle immagini circolate sulle tv nazionali (imponenti quantità di formaggi contenenti pezzi di metallo e plastica, oltre a feci e carcasse di topi) sia per le recriminazioni di Confconsumatori che richiese ad alta voce i nomi delle industrie coinvolte nell’illecito.
E così, martedì sorso, presso il Tribunale di Cremona, si è svolta la penultima udienza del processo, che sin dalle battute iniziali ha visto alla sbarra i soli personaggi direttamente coinvolti nel “riciclo” ma nessun “mandante” industriale (per questi ultimi il sistema dell’illecito serviva ad evitare i costi dello smaltimento). Il pubblico ministero Francesco Messina ha richiesto la condanna per tutti gli imputati tranne uno (il magazziniere della Megal di Vicolungo, in provincia di Novara) e indicando in Domenico Russo, amministratore delegato della Megal e della Tradel (l’azienda di Casalbuttano, nel cremonese, in cui di fatto i prodotti ottenevano una nuova apparente verginità, previa fusione) il principale responsabile della truffa (per lui cinque anni di carcere, per gli altri pene minori sino ai tre anni).
Leggère le pene se si considera la gravità delle accuse, che vanno dall’adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, all’abuso d’ufficio (per i veterinari pubblici che chiudevano entrambi gli occhi e intascavano laute prebende). Nella prossima udienza, vale a dire l’ultima, fissata per il 15 ottobre, verranno valutate le repliche ed emessa la sentenza. Vedremo solo allora se prevarranno le tesi dell’accusa (danni alla salute pubblica, ndr) o della difesa, che ha richiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste o, in subordine, perché non costituisce reato”.
30 settembre 2013