Sprechi alimentari: la lezione arriva dal pulpito sbagliato

 Uno dei temi più caldi dei nostri giorni, in materia ecologica, è senza dubbio quello della lotta al peggior compagno di viaggio di superfluo e abbondanza – lo spreco – figlio legittimo della società dei consumi. La necessità di correggere lo sperpero ci accompagna oggi in una crisi da cui non è dato sapere come usciremo ridotti, né quando. Ed è così che ad accompagnare la pubblicazione dell'ormai prossimo rapporto Waste Watcher 2013 arrivano puntuali, ora, gli inviti a risparmiare di tutto e di più, compresi i formaggi – perché no? – dopo che anche di essi per decenni si è avuta una cattiva (per non dire pessima) gestione domestica.

Aprire i frigoriferi delle nostre case e trovarvene di ammuffiti, pare sia cosa abbastanza comune, quanto normale è scartarne buona parte o addirittura gettarli, come si fa con le loro croste. E pensare che proprio di croste si sono nutrite generazioni intere di nostri avi, sino agli anni Sessanta almeno, quando nonne e mamme ne facevano largo uso in fior di minestre.

 

Agganciandosi a questo tema l'associazione degli industriali del latte, Assolatte, ha deciso di ricordarci, tramite una capillare azione stampa condotta in questi giorni, che "anche le imprese del settore lattiero-caseario stanno facendo la loro parte e si stanno impegnando per condividere le buone pratiche che consentono di utilizzare al 100% il latte, lo yogurt, il burro, i formaggi e i latticini in genere".

 

A noi sarebbe bastato sentirci ricordare di non sperperare il latte e i suoi derivati, e di come mettere in pratica una tale raccomandazione. Anche perché pensare che l'industria non butti via nulla ci induce a rammentare (e rammentarvi) quante speculazioni vengano fatte proprio alle spalle dei consumatori nel campo del "riutilizzo" industriale. Un esempio fra tutti, è quello dei grassi del latte che, una volta "estratti" dalla materia prima per avviare le produzioni "light" (in genere più costose di quelle comuni), vengono riutilizzati o rivenduti ad altri produttori che a loro volta li faranno pagare di nuovo al consumatore sotto forma di qualche altro prodotto (biscotti o salse, ad esempio).

 

Ma, generosa com'è, Assolatte non si accontenta di sottolinearci i "risparmi" compiuti a livello industriale, e passa così a rammentarci delle etichette, "ricche di preziosi consigli per l'uso, il consumo e la conservazione", ma che noi vorremmo venissero usate in primo luogo per conoscere la provenienza del prodotto, e delle sue materie prime.

 

Poi, anche per prepararsi a contrastare la crescente disaffezione dal latte e dai suoi derivati a breve scadenza (yogurt, burro, panna, etc.), l'associazione degli industriali ci porta a pensarli anche come prodotti per la cura del corpo ed il benessere personale, dagli impacchi per la pelle ai trattamenti per capelli e anti-age. Forse anche, chissà, per predisporsi ad affrontare una società in cui tra animalisti e vegan, l'allontanamento dal settore sarà, prima o poi, più che una semplice tendenza.

 

7 ottobre 2013