Il Cheddar con le proteine del latte trionfa in Sudafrica

Cheddar Montgomery: sulla sua crosta e nella sua pasta un’infinità di microbi “buoni”. Grazie anche alla lavorazione a latte crudo – foto Montgomery©

30 aprile 2009 – Facciamo un gran parlare di made in Italy alimentare contraffatto e una volta per tutte ci si accorge che il “vizietto” di fare quel che non dovremmo lo abbiamo imparato bene anche noi. Accade che una delle firme più famose del food di casa nostra – Parmalat – abbia fatto di recente incetta di premi in quel del Sudafrica con un Cheddar che ha da poco scatenato le polemiche dei produttori di formaggio canadesi e che – scandalo nello scandalo – un quotidiano nazionale, guarda caso nella sua edizione parmigiana, suoni ora le trombe del trionfo ai presunti meriti dell’azienda di Collecchio.

Nell’articolo, firmato da Silvio Marvisi, salta all’occhio già dal sommario che l’azienda più odiata dagli italiani (almeno da quei 25mila possessori di bond Parmalat che si sono giocati 500milioni di euro di risparmi) produrrebbe un Cheddar dalle qualità tanto fuori dal comune da sbaragliare decine di Cheddar anglosassoni, statunitensi, canadesi che quel formaggio lo fanno se non sempre in modo tradizionale, quantomeno nelle terre d’origine e a pieno titolo.

Se da un canto non ci stupisce l’ardire di un’azienda che in passato ne ha combinate di peggio che produrre falso Cheddar, dall’altro, come giornalisti, ci stupisce che un quotidiano come La Repubblica, seppur in una sua edizione locale (leggi) si presti a sostenere candidamente un’iniziativa che tanto candida non è.

A tale proposito, oltre al capolavoro dello zerbinismo della stampa nazionale, sarà utile leggere (in inglese, clicca qui) quanto denunciato dal canadese Globe and Mail online nel gennaio scorso. Secondo questa cronaca, i Cheddar di Parmalat, Kraft e Saputo sarebbero prodotti utilizzando anche le famigerate proteine del latte che consentono un abbattimento dei costi e che, inevitabilmente, mortificano gusto e consumatori.